Franco Fontana a Roma

Una tavolozza satura, colori primari che accendono la vista, geometrie tratte da un vocabolario che riconosce essere frutto del colore puro, la fotografia di Franco Fontana costruisce in modo inequivocabile una realtà che trascende il tangibile e che descrive paesaggi interiori. Nato a Modena nel 1933, Fontana appartiene a una generazione di artisti cresciuti in seno alla vasta pianura emiliana. Luigi Ghirri, Claudio Parmeggiani, Franco Vaccari, edificano in quegli anni un inedito linguaggio visivo, gettano le basi per una nuova rivoluzione culturale che influenzerà notevolmente fotografi e artisti espressivi del nostro territorio. Scrive Jean Baudrillard nel suo saggio intitolato É l’oggetto che vi pensa: «Il silenzio della fotografia. Una delle sue qualità più preziose, diversamente dal cinema e dalla televisione, a cui occorre sempre imporre il silenzio senza riuscirci. Ma anche silenzio dell’oggetto, che essa sottrae al contesto ingombrante e assordante del mondo reale».

Le immagini di Fontana narrano di pause temporali in cui poter perdere i canonici riferimenti percettivi per smarrirsi all’interno di una bidimensionalità cromatica che non lascia spazio al pensiero. «Per me la fotografia non è né un mestiere né una professione – afferma Fontana – ma è la realtà della mia vita, dopo gli affetti della famiglia e dell’amicizia. È quella scelta che mi dona la qualità della vita, perché la vivo con entusiasmo e creatività, esprimendomi per quello che penso, testimoniando come pretesto quello che vedo e che sono perché non è sufficiente guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere e capire. Fotografare è un atto di conoscenza: è possedere». Centrotrenta fotografie mostrate al pubblico nella più grande retrospettiva dedicata all’autore emiliano, sotto la curatela di Denis Curti e ospitata negli spazi di palazzo Incontro grazie alla promozione della Regione Lazio nell’ambito del progetto ABC Arte, Bellezza e Cultura.

Un percorso suddiviso in sette sezioni dove è possibile rintracciare i lavori meno noti dell’artista in cui spiccano, ad esempio, le meravigliose immagini del ciclo di fotografie intitolate Piscine. Fontana in questa serie racchiude un immaginario sensuale incarnato da sinuosi corpi femminili che si immergono in acqua dando forma a visioni sospese, fisionomie racchiuse nel liquido di una vasca come se in qualche modo venisse descritto il fluido amniotico che custodisce ogni essere nel grembo materno. La tecnica di Fontana ci conduce oltre la verosimiglianza, in una parentesi ottica che si impone come fosse un “trompe l’oeil della realtà”. Le immagini sono talmente pure da sembrare artificiali, attraverso l’obiettivo fotografico il mondo si rivela radicalmente, si racconta al di là del vero, oltre ogni definizione del reale. «Il segreto è rendere visibile il visibile – sostiene l’artista – non l’invisibile che non si può rendere visibile. L’invisibile non lo rende nessuno. Allora rendere visibile il visibile vuole dire fare vedere quello che tutti vediamo in modo da farlo veramente vedere. Non solo guardarlo, farlo vedere».

Lo sguardo codifica inedite consonanze cromatiche, si relaziona all’immagine attraverso un senso estetico di percezione, ogni fotografia narra di spazi assoluti dove l’assenza denota e sottolinea la possibilità di raccontare dimensioni silenziose, svuotate da qualunque sovrastruttura, resta solo da guardare e immergersi come fossimo anche noi sospesi nell’acqua intenti a nuotare.

Fino all’11 gennaio 2015, palazzo Incontro, via dei Prefetti 22, Roma; info: www.fandangoincontro.it

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