Biennale Architettura, parte II

Gli Stati Uniti creano nei Giardini della Biennale Office Us, ossia un vero e proprio ambiente professionale. L’ufficio è luogo rappresentativo per antonomasia dell’etica del lavoro e dello spirito capitalista, che nei cento anni della modernità hanno esportato il grande sogno americano nel mondo. L’ufficio ha due anime: guarda ai fasti del passato ed espone un ricco archivio delle grandi opere made in USA a livello internazionale, ma al contempo è proteso al futuro della disciplina e si configura come una vivace fucina di ricerche, dibattiti e seminari, in cui fare domande e proposte per realizzare concretamente nuovi progetti. L’esposizione del Belgio si chiama Interiors. Note e figure e ricorda che l’architettura non è solo fatta di imponenti costruzioni da ammirare all’aria aperta, ma è anche proporre modificazioni degli spazi interni, rispondendo a esigenze private e particolari, come quelle primarie di un’abitazione. Sulla scia di un repertorio di fotografie, note e figure il Belgio pubblica in esclusiva per Venezia un manuale sull’architettura degli ambienti domestici che, mentre mutano gusti e cultura, subiscono metamorfosi importanti, ma spesso all’ombra dei riflettori. La Repubblica di Corea si è aggiudicata il Leone d’Oro come miglior partecipazione nazionale con Crow’s eye view, mostra che tocca il tema struggente della divisione del paese tra nord e sud. Il titolo del padiglione, curato da Minsuk Cho, Hyungmin Pai, Changmo Ahn e dal commissario Minsuk Cho si ispira al componimento omonimo dell’architetto-poeta Yi Sang e letteralmente propone uno sguardo a volo di corvo sulla penisola coreana, in passato unita dalla sua storia secolare e oggi lacerata dalla scissione politica, incapace di esprimere un’ omogenea pratica architettonica. La Russia ha ricevuto una menzione speciale per Fair enough. An expo of ideas, attraverso cui riflette sulla possibilità di vendere le idee: la vastità territoriale e la densità del paese producono una considerevole domanda di architettura e la fantasia dei curatori ha allestito una fiera in cui poter comprare 20 soluzioni creative degli ultimi cento anni e porre l’attenzione sull’ineludibile aspetto commerciale della progettazione. Ogni idea è munita di dettagliata descrizione a uso e consumo dei suoi visitatori-acquirenti.

Altra menzione speciale della giuria della Biennale è arrivata al Canada, che con Arctic adaptions: Nunavut at 15 prende spunto dal quindicesimo anniversario della fondazione di Nunavut, una meravigliosa terra emersa affacciata sull’Oceano Artico, che si separò dai territori del Nord Ovest quando il governo centrale riconobbe un’autonoma identità culturale e politica agli Inuit, il popolo che da 4 mila anni la abita. In questo caso l’attività degli architetti diventa una sfida alle forze della natura. Progettare spazi in latitudini estreme significa fronteggiare le asperità di scenari maestosi, fatti di sconfinate distese di ghiacci e neve, cercando di mantenere sempre un equilibrio tra progresso tecnologico e rispetto dell’habitat. Restando sul tema della bellezza naturale la Danimarca risponde al tema Assorbire la modernità, proposto dal direttore artistico Rem Koolhaas, con Empowerment of Aesthetics. La lente d’ingrandimento è puntata sulla società danese e sul welfare, che a partire dall’Ottocento fu l’esito virtuoso di una novella età dell’oro per il paese. Il punto di vista è quello estetico, secondo cui la poetica architettonica danese non deve prescindere dal ricercare la bellezza attraverso le suggestioni dei cinque sensi. Il padiglione presenta manuali di botanica e altre testimonianze paradigmatiche della Danimarca, nella certezza che non può esserci un progresso buono senza uno stile di vita in armonia con il paesaggio. Info: www.labiennale.org