Mia, prima che finisca

Chimica. È lì che avreste dovuto cercare la fotografia se solo foste andati all’esposizione universale di Torino del 1884 , insieme alle nuove scoperte scientifiche, nel padiglione dedicato allo studio delle molecole. La fotografia del resto era considerata, in un mondo intriso di positivismo, come una mera, seppur spettacolare, reazione chimica. La cosa sconvolgente, insomma, non era tanto che qualcuno poteva comporre il mondo fermandolo su un supporto, quanto che si era scoperto il modo per farlo. Arte e fotografia per ventenni non sono state neanche parenti se non per pochi e illuminati operatori. Si è creduto per un periodo piuttosto lungo (fino alle avanguardie) che il miracolo di una foto non era dovuto a chi stava dietro l’obiettivo ma al chimico che aveva preparato la lastra e sviluppato l’impressione. «Roba da chimici» era spesso la risposta dei pittori alla domanda «e la fotografia?»

Sarebbe bello se tutto quel mondo tardo ottocentesco si presentasse al Mia, la fiera di fotografia milanese, più precisamente il Milan image art. Se si presentasse come se nulla fosse accaduto da due secoli a questa parte e qualcuno gli dicesse che otto mila metri quadrati di Superstudio più a via Tortona sono sono tutti per la fotografia. Di più, bello lo stupore che proverebbero nel sapere i prezzi delle immagini, e forse l’imbarazzo per il fatto che delle fotografie siano definite opere d’arte.

Eppure è esattamente ciò che accade in queste ore al Mia, che dal 23 al 25 maggio anima la città lombarda trascinando nel capoluogo galleristi, curatori, artisti e giornalisti. È dal 2011 che l’evento, fondato e diretto da Fabio Castelli, lascia stupite le menti ottocentesche, imponendosi in Italia come la prima fiera totalmente dedicata alla fotografia (con ritardo rispetto ad altri paesi). Le caratteristiche rimangono le stesse anche per questa edizione, il dato più significativo: ogni stand (o quasi) è dedicato all’opera di un solo fotografo. Quelle che si succedono nell’ordinato e bianco superstudiopiù, sono così delle piccole personali che non ubriacano il visitatore con un un bombardamento eterogeneo di immagini, ma che almeno su un paio di pareti restano coerenti.

Per ogni artista è previsto un catalogo: da quest’anno, la versione cartacea è sostituita da una elettronica, scaricabile grazie al codice stampato sul retro delle cartoline delle diverse gallerie. Una scelta più ecologica (ed economica), che è anche parte di una riflessione sul rapporto tra la fotografia e il suo supporto: Samuele Frigoli, responsabile Linky, è soddisfatto di questa scelta: «La cartolina è un anche un bel materiale da tenere e trovo interessante che pur essendo di carta rimandi a un mondo virtuale accessibile oramai a chiunque».

Centottanta stand per altrettanti artisti, più un settore dedicato all’editoria specialistica, mostre fuori fiera, stand per riviste d’arte e un programma d’incontri che incorniciano l’evento, quest’anno pronto per raddoppiare. Dopo l’appuntamento milanese, infatti il Mia per la prima volta fa il bis a Singapore dal 23 al 26 ottobre. Ma il Mia non è l’unico evento a Milano e se domenica chiude i battenti rimane invece fino al 16 giugno Photofestival, evento diviso sul territorio in diversi periodi e diversi spazi espositivi uniti tutti dal tema: la fotografia. Stupisce, così, che in una città interessata alla tecnica della luce lo spazio Forma, ambiente con una ottima programmazione esclusivamente fotografica, abbia dovuto chiudere.

Fino al 25 maggio; Superstudio pIù, via Tortona, Milano; info: www.miafair.it

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