Le superfetazioni di Bongiorno e Losvizzero

Ho immaginato il territorio fisico e simbolico di un incontro fra due artisti diversi come Vito Bongiorno e Franco Losvizzero nel vecchio magazzino del carbone dell’ex centrale termoelettrica – ora sala espositiva – del Museo della Centrale Montemartini, straordinario esempio di convivenza dell’archeologia classica con quella industriale. La mostra appositamente pensata per quegli spazi, è intesa come dialogo attraverso un percorso stratificato che si articola fra serie di lavori, restituendo un’immagine complessa e nella relazione fra antichità, modernità e contemporaneità. Come suggerisce lo stesso titolo: Superfetazioni, termine che indica un organismo che si aggiunge ad un altro.

Da sempre l’arte dissacra i tabù: ora un’ideologia, ora una figura religiosa, ora una tradizione. Oltre le religioni, il sesso, la morte e il peccato nulla è considerato tabù più dei santificati “classici”. Nulla ha più bisogno di essere rinnegato, stravolto, riaperto a nuove interpretazioni e discussioni, per ricordare da dove veniamo e dove siamo diretti. L’artista italiano vive da sempre come confronto, a volte schiacciante, il relazionarsi con l’arte del passato. «Cresciamo in un paese dove bellezza è sinonimo di classicità, con una tradizione così radicata dentro di noi che a volte creare del “nuovo” può risultare difficile e staccarci da quelle radici quasi impossibile», afferma Franco Losvizzero. Ogni artista italiano si è misurato più o meno consciamente con i classici e più o meno con efficacia è riuscito ora ad esorcizzare ora ad integrare il rapporto con il padre/padri dell’arte.

Ecco allora che una centrale elettrica, popolata da macchinari industriali, turbine e motori, diventa teatro ideale per le sculture robotiche di Losvizzero e i quadri-carbone di Bongiorno. Una contrapposizione/congiunzione alchemica tra il nero delle opere materiche ed il bianco rarefatto delle sculture cinetiche; tra il bianco del marmo antico e il nero dei motori/turbine della centrale. Elemento primario e antico come il mondo, il carbone è anche il combustibile per l’accensione dei macchinari. Le opere in carbon-fossile, speculari con le antiche statue del museo, alludono alle migliaia di operai che con il loro impegno oscuro e febbrile “fabbricavano la luce” che ora risplende negli angeli luminosi di Franco Losvizzero. L’installazione di Bongiorno è composta da globi ricoperti di carbone sbriciolato, così come nella realtà attuale sta accadendo al nostro pianeta, vessato dal continuo inquinamento ed esasperato dallo sfruttamento delle risorse naturali.

Losvizzero attraverso l’individuazione di alcune opere e di particolari reperti archeologici mette in rilievo possibili e impossibili mutazioni estetiche. Alla bellezza come riflesso di un ideale assoluto, raffronta le sue immagini ancestrali, anomale, stra-ordinarie, ibride, frutto di un viaggio nell’inconscio e di una forza creatrice che trasfigura la realtà, non solo la riverbera. I bassorilievi in materiale plastico ceroso su carta, i quadri meccanici e gli interventi su pagine di antichi cataloghi, mostrano la “metamorfosi” contemporanea, di là del sogno e della memoria.

Due artisti che nel loro Dna abbracciano in modo differente la proustiana “ricerca del tempo perduto” sono chiamati a trovare nella classicità le ”ragioni” contemporanee per sviscerare il nodo sacro che in duemila anni di storia tende un filo sino a noi e alle più recenti ricerche artistiche. Istallazioni, pittura e performance sono i percorsi espressivi attraverso i quali i due autori si confronteranno con la “storia” della bellezza e dell’umanità.

Franco Losvizzero e Vito Bongiorno, Superfetazioni, a cura della sottoscritta, da un’idea di Claudia Quintieri. Fino al 25 maggio, Centrale Montemartini, via Ostiense 106, Roma. Info: www.centralemontemartini.orgDomenica 18 maggio alle 11 è prevista le performance: Il matrimonio di Franco Losvizzero.