Spagna non è più la stessa

Roma, metro A, Spagna, la chiusura della stazione di un martedì sera è alla 23e30. Questo pezzo, appena cominciato, ha già detto una bugia. Roma, metro A, Spagna, martedì 6 maggio, la stazione non chiude. È così che è andata per la quinta tappa del festival di street art Avanguardie urbane. Le luci non si spengono, i cancelli non si bloccano, gli ultimi turisti scompaiono nell’infinito tunnel che porta ai vagoni. Rimane la stazione illuminata, arriva un furgoncino, scaricano scatole di bombolette spray, stencil e maschere. Sono sei gli artisti chiamati a dipingere altrettante parti della stazione. Carta bianca per ogni street artist su come e dove fare cosa. Sono sei francesi C215, Alexone, Philippe Baudelocque, Epsilonpoint, Popay, Seth ed Eron.

Le opere oramai sono finite e fanno bella mostra di sé nel cuore sotterraneo della città. In questo fotoracconto proviamo a mostrarvi, invece, cosa è successo prima che i muri fossero terminati, un dietro le quinte dove ancora il risultato finale è incerto, un work in progress fatto di silenzio e concentrazione prima della riapertura della metro, prima che gli sguardi del giorno dopo si posino su lavori dove è stata già scritta la parola fine.

È Philippe Baudelocque che tira fuori dal furgoncino un rullo con una prolunga e della vernice scura che versa nella vasca. L’artista francese non capisce i due custodi che dietro di lui notano come l’oscuro pigmento coli sulla sacra scritta Ingresso all’entrata della metropolitana. Custodi che poi aggiungono: «Comunque ci vuole tecnica». E se vi state chiedendo il perchè di quei sacchi zeppi di spazzatura, qualcuno potrebbe rispondervi: «È la strada, bellezza».

La stazione all’interno è vuota. Spagna sostanzialmente è nostra. È così che devono sentirsi gli adetti alla metropolitane di Roma di fronte a una stazione deserta dove di solito è impossibile anche camminare: onnipotenti. Ogni gesto, anche il più stupido, come quello di scegliere le proprie bombolette per il pezzo, è come se venisse sottolineato dallo spiazzante vuoto del tunnel.

Scelti i colori gli street artist scelgono il muro. «Mi sono messo qui perché mi hanno detto mettiti qui – dice Axelone che continua – No, in realtà sto facendo un gioco di lettere e credo che in questo spazio funzioni perfettamente». Uno degli artisti più noti in Francia confessa di lavorare in freestyle, a braccio «Dipingere in un ambiente legato a una tradizione artistica antica m’ispira e mi arricchisce. Non è la prima volta che lavoro in questa città e trovo che Parigi e Roma sono simili in questo senso: in entrambe si deve fare i conti con un clima classico».

«Writing, writing, writing, treni e vagoni» è così che Stefano Antonelli, curatore del festival Avanguardie urbane presenta Epsilonpoint che dal canto suo al banale muro ha preferito un tunnel sotto le scale, sulla banchina della metro. «Sono stato a Roma già negli anni Settanta-Ottanta – dice – ma la situazione politica era tesa e non c’era possibilità per un progetto del genere». Si toglie la maschera, ci chiede e si accende una sigaretta: «Lavoro con gli stencil, ho delle cartelle piene di stencil divise per tema e prima di uscire ne prendo una a caso». Poi scrive sul muro «Il pensiero fa paura anche se chi pensa è muto».

In alto, subito sopra le scale fra la banchina e il lungo corridoio di Spagna, C215, fino all’ultimo indeciso sulla scelta della parete, comincia a dipingere un muro di rosso. Compare poi, meraviglia della tecnologia di una lavagna luminosa, un volto di un gatto proiettato sulla superficie. In basso subito sotto le scale il volto di Frida Kahlo. Forse nasce un dialogo fra i due artisti, forse no, Frida sembrerebbe perplessa.

Sul lungo corridoio che porta all’uscita rimangono come in guerra i resti di una battaglia, stesi a terra gli stencil degli artisti schivati come gli ultimi caduti.

Poco prima dell’uscita, Seth, dopo un rapido schizzo a carboncino, comincia a ripassare il suo personaggio. Prende vita una figura che a mo’ d’introduzione per la galleria dipinta, sembra alzare l’intonaco del muro rivelando un universo parallelo, colorato, che sta prendendo forma proprio in quel momento, fra quei muri, nella stazione della metro.

Troviamo, diverso da come l’abbiamo lasciato, Philippe Baudelocque che senza rullo, ma sopra al furgoncino, con il solito nero calato sul cartello Ingresso, ultima il suo lavoro con il bianco.

Foto Giorgio Ialongo

Info: www.999gallery.com