Oggi abbiamo camminato poco e niente: siamo partite dall’incantevole Narai, che si è rivelata anche di mattina una città fantasma, per dirigerci a nord con il treno, senza perdere (questa volta) nessuna delle tre coincidenze. Abbiamo quindi poco da raccontare, ma in questi giorni dove trascorrevamo le ore tra foreste e ryokan, non siamo mai entrate nel dettaglio di quelle che sono effettivamente le vecchie abitudini dei giapponesi, i loro usi e costumi. Ci sembra questo il momento di farlo. Tokyo e Kyoto, ormai stracolme di modernità e usi europei, non rendono bene l’idea… Ma avete mai letto Murakami? Ecco se avete letto Kafka sulla spiaggia gli usi giapponesi non vi sembreranno nuovi. Infatti nessuno come lui è riuscito a descrivere in modo così dettagliato l’intero iter che va dall’entrare in un ryokan, spogliarsi e infilarsi un pulito e impeccabile yukata, mangiare su un tavolino basso e sognare dentro un futon steso a terra. Qualcuno si chiederà: ”beh ma cosa c’è diverso? Si tratta sempre di mangiare, infilarsi qualcosa di pulito e dormire!” La grande differenza in effetti non sta nel dormire su un tatami con solo un lenzuolo addosso… Ciò che forse noi non conosciamo è il rituale al quale di giorno in giorno ci abituiamo stando qui, e quella cura del dettaglio che noi forse abbiamo dimenticato. Nulla è mai né disordinato né approssimativo; ogni singolo gesto, anche il semplice legarsi la cintura di un kimono, è dettagliatamente spiegato in tutti i depliant di queste locande… E così l’ordine e il rigore non fanno altro che diventare armonia e sacralità. Come tutti gli ospiti dei ryokan, noi non facciamo altro che adeguarci con piacere. Infiliamo il kimono, leghiamo la cinta in modo accurato, lasciamo fuori dalla stanza le scarpe e la loro esperienza di montagna e prepariamo il futon stendendo a terra un basso materasso coperto da un lenzuolo… Poi il resto si, è uguale tutti voi, sogniamo!
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