Tre artiste per il ciclo Camere

Negli spazi di Ram, Radio arte mobile, inaugura la nuova mostra del ciclo Camere, progetto iniziato nel 2005 e oggi giunto alla sua ventesima edizione. Il cuore di quest’operazione consiste nell’invitare ogni volta tre diversi artisti a lavorare all’interno delle stanze che compongono lo spazio espositivo, situato al primo piano di un appartamento in via Conte Verde 15, a due passi da Piazza Vittorio. Distanze, questo il titolo dell’edizione in corso, coinvolge Donatella Spaziani, Katinka Bock e Bruna Esposito le quali, ciascuna in modo diverso, riflettono su questioni quali l’identità, l’alterità, la costrizione o la libertà del corpo, sempre però in relazione alla specificità del luogo e alla dimensione domestica, intima, divisa tra interno ed esterno, pubblico e privato che costituisce l’anima del progetto Camere.

Donatella Spaziani propone una serie di lavori inediti che, in modo diverso e obliquo, alludono all’universo domestico e al continuo rapporto dialettico attivo tra interno ed esterno: a terra dei vecchi piatti, sezionati e ricomposti, riprendono dinamizzandolo un disegno presente sul pavimento della stanza, sulle pareti alcune fotografie ritraggono una figura femminile – il corpo stesso dell’artista – distesa su un letto o in piedi di fronte a una finestra, una serie di piccole polaroid ci mostra quello stesso corpo adagiato su di un letto che lo costringe ad assumere contorte posture. Questi oggetti e questo forme, variamente prese in prestito dal mondo domestico, stanno però anche a significare altro, ovvero il complesso «rapporto tra il corpo e il suo essere messo in forma», e più in generale quello tra il corpo e lo spazio, qui colto al limite tra una dimensione privata e una esterna quindi pubblica.

Anche Katinka Bock riflette su questioni quali il corpo, lo spazio e il rapporto tra interno ed esterno declinandole però con la volontà di affrontare, in modo ironico, il problema dell’identità e della sua dimensione molteplice. Anche lei abita lo spazio attraverso i suoi interventi: installa sul pavimento, in posizione sopraelevata, una lastra di vetro che, in modo analogo a quanto fa Donatella Spaziani, ha la funzione di dinamizzarlo e di riattivarne la forma; in un angolo colloca un cerchio a cui specularmente ne fa corrispondere un altro posto tra i rami di un albero, fuori dallo spazio espositivo. Il cuore del lavoro però è costituito da due sculture, piccoli corpi grotteschi e quasi primordiali, che l’artista colloca su due pareti l’una di fronte all’altra. Si tratta di due raffigurazioni di Gurdulù, personaggio del calviniano Cavaliere Inesistente, caratterizzato da una vorace quanto grottesca relazione con il mondo esterno, che lo porta ad assumere il nome e l’identità di tutte le persone e gli oggetti con i quali viene in contatto. L’evocazione di questo buffo personaggio ha la funzione di evidenziare quanto anche la relazione fisica tra il dentro e il fuori sia un elemento fondamentale nel processo di costruzione dell’identità.

Con Fine pena sempre, Bruna Esposito propone ai visitatori un’esperienza diversa, più enigmatica e sensibilmente corporea rispetto alle due appena descritte. L’artista utilizza la stanza che le viene assegnata per realizzare un’unica installazione di carattere ambientale: su una parete pone, in modo rigorosamente geometrico, una serie di sottili strisce di marmo di diversi colori, toglie alcune porzioni di intonaco liberando frammenti di vecchi disegni murali e lascia pendere dal soffitto un gong che percuote a intervalli regolari con grande concentrazione e serietà, invitando poi il pubblico a compiere la stessa azione. L’anima del lavoro risiede proprio nella contrapposizione tra i moduli minimali, statici e freddi del marmo e l’elemento «caldo, in movimento» del gong che riempie lo spazio del suo suono e si propone come strumento in grado di attivare una relazione semplice ma reale tra l’artista e lo spettatore, trasformando la stanza in spazio intimo, condiviso, raggiungendo così lo scopo che il progetto Camere si propone di perseguire.

Fino al 28 giugno; Ram, via Conte Verde 15, Roma; Info: www.zerynthia.it

Articoli correlati