Kirchhoff alla Quadriennale

A Villa Carpegna la Quadriennale di Roma celebra la Poetica degli omaggi. Attraverso un trittico di mostre il nostro sguardo è puntato sull’arte della citazione nella contemporaneità, pratica ricorrente dalle avanguardie fino a oggi.

Il primo appuntamento è con Retrovisione, l’esposizione di opere di Thorsten Kirchhoff. È esposto fino al 4 maggio un inventario di creazioni che coprono più di quindici anni di attività dell’artista a partire dal 1995. Kirchhoff è irresistibilmente attratto dalla decima musa e le sue opere attingono a piene mani dal repertorio cinematografico di ogni genere. Le scene dei film presi in prestito sono incorniciate in installazioni e danno vita a narrazioni che seguono una logica onirica. L’inclinazione al trailer o al videoclip è riconosciuta dall’autore stesso, che illumina tutti i pregi di generi creativi in cui la dote principale è l’arte di sintetizzare e condensare un mondo artistico in pochi minuti. Per Kirchhoff il cinema è «un archivio immenso che contiene tutte le immagini possibili», in cui, con effetto domino straniante, finzione e realtà convivono. Usare questo repertorio e combinarlo, come nell’arte enigmistica, significa attivare «un’osmosi tra i materiali, come in una serra avviene la fotosintesi». Il set cinematografico stesso diviene protagonista dell’opera d’arte, perché «contiene nel suo Dna la possibilità di essere immagine». In Kirchhoff la poetica degli omaggi è fatta anche di citazioni sonore. L’artista è anche sound designer e sceglie la musica per favorire libere associazioni di idee, attivare reminescenze o suggerire stati mentali nell’osservatore. Tra l’antica cucina e il salotto di Villa Carpegna c’è un’apertura con uno sportello, da cui il visitatore può letteralmente spiare l’installazione dell’artista, attratto dall’angosciante colonna sonora di Rosemary’s baby di Roman Polanski, che proviene dalla fessura e incrementa la tensione tanto più ci si avvicina.

Durante la vernice il 9 aprile anche un approfondimento teorico, che trae spunto dal saggio di Lucilla Meloni sul tema: Arte guarda arte. Pratiche della citazione nell’arte contemporanea, edito da Postmediabooks. A commentare il libro, presentato da Daniela Lancioni, era presente l’autrice, Bruno Di Marino e Kirchhoff. L’essenza della conversazione è che un artista può citare mosso dai più vari impulsi: ironia dissacrante, puro gioco, con l’obiettivo di costruire una relazione con l’arte del passato e istituire un caleidoscopio di rimandi, o ancora per ricontestualizzare elementi iconografici riconoscibili e moltiplicarne i punti di vista. La citazione può essere dunque innesto testuale, alterazione dell’originale, o radicale reinvenzione.

Marcel Duchamp fu il primo a far vacillare le certezze sull’idea di originalità autoriale, aggiungendo baffi e pizzetto a una riproduzione della Gioconda di Leonardo. Il saggio è mosso anche da intento didattico; esamina in ogni possibile declinazione i rimandi da un artista all’altro grazie al gioco delle citazioni e riafferma l’importanza di padroneggiare con passione l’intera storia dell’arte, come dialogo continuo tra presente e passato.

La citazione non è pratica esclusiva delle arti figurative, anche la musica conosce compositori che ne fecero un uso raffinato. Si pensi a Robert Schumann, che spogliò le citazioni di ogni valore decorativo per trasformarle nei necessari riflessi della sua poetica: l’allusione ad altri musicisti non è mero omaggio colto o affettuoso, ma ha funzione concettuale, sicché ogni prestito melodico esprime un’ idea precisa e concorre a delineare un vasto sistema di estetica musicale.

Nel cinema si può ricordare, sopra a tutti, Brian De Palma, noto per le sue personalissime rivisitazioni di lungometraggi del passato, come Il fantasma del palcoscenico, oppure Vestito per uccidere e Obsession. Complesso di colpa , capolavori in onore del gran maestro Alfred Hitchcock, ma anche Blow out, singolare tributo a Blow up di Michelangelo Antonioni.

L’ appuntamento successivo del ciclo espositivo sarà la personale di Gianfranco Baruchello, Intorno a Verifica incerta dall’8 maggio, presentata dall’autore in una tavola rotonda con Lucilla Meloni, Alessandro Rabottini e Carla Subrizi. La rassegna termina il 5 giugno con la vernice di Mauricio Lupini, Spazio senza volume, e annessa conversazione introduttiva tra lo stesso artista, Viviana Gravano e Lucilla Meloni. Info: www.quadriennalediroma.org

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