Parla Paolo Grassino

Art Paris Art fair ( qui e qui) ha chiuso i battenti domenica scorsa lasciando sul campo diversi argomenti di riflessione sull’arte contemporanea. Abbiamo incontrato Paolo Grassino tra i più interessanti artisti italiani presenti alla fiera parigina ora impegnato ad allestire una sua personale il 12 aprile a Firenze intitolata Ciò che resta.

Ci racconti il suo processo creativo. Come inserisce nella realtà contemporanea la scelta dei suoi soggetti e Ciò che resta la sua ultima opera, è un punto di svolta o di arrivo?

«ll mio processo creativo non si basa su ricerche di decontestualizzazioni di inizio ‘900, almeno non in tutti i casi. Non mi seduce l’eccentricità. Cerco di costruire dei paesaggi contemporanei utilizzando strumenti che appartengo al nostro quotidiano, muovendomi all’interno di un’irreale oggettività. Non credo nei lavori che contengono un punto di arrivo o di svolta, ogni opera contiene quelle già realizzate e quelle ancora da realizzare. Nella mostra Ciò che resta ci sono degli spunti per dei progetti futuri ma anche dei lavori che hanno alcuni anni, questo perché credo nell’opera non conclusa da uno spazio temporale e nell’opera che crea l’opera mostra».

Il suo percorso artistico è costellato da un’importante serie di affermazioni internazionali, oltre che italiane. Cosa hanno lasciato nella sua arte queste esperienze e quanto c’è delle sue radici culturali?

«Le radici o meglio la tradizione artistica italiana è fondamentale nel mio lavoro. Le esperienze all’estero mi hanno reso più sicuro della mia ricerca».

Lei è stato presente all’ultima Art Paris Art Fair, con la Cina come ospite d’onore. Come vede il lavoro di questi artisti del lontano oriente?

«Da un paio d’anni insegno all’accademia di Carrara dove il 50% degli studenti sono cinesi. Penso che questo sia una grande possibilità per il nostro paese che ancora una volta si rende punto di riferimento di una creatività globale. Gli studenti cinesi sono molto legati alle loro tradizioni ma sono anche assetati di assimilare le nostre esperienze. L’arte si fa ponte tra oriente e occidente. Cosa chiedere di più?».

Lo spazio concesso all’arte contemporanea e l’interesse dei nuovi collezionisti sembra acquisire sempre più importanza nel mondo. E nel nostro paese?

«Credo che il collezionismo in Italia vada a sostituire in modo egregio ma non sufficiente la poca efficienza delle istituzioni pubbliche. In altre nazioni la sinergia tra scuola-galleria-museo è fortissima e vincente, mentre da noi manca totalmente e questo crea un futuro per l’artista sempre più incerto e complesso».

Paolo Grassino (Torino 1967) vive e lavora a Torino. Il suo lavoro è soprattutto una ricerca che recupera in pieno il senso della manualità: lavorando con gomma sintetica, legno, polistirolo e cera ma anche con tecniche più avanzate quali fusioni in alluminio o calchi in cemento, porta le sue opere scultoree a un alto grado di spettacolarità. Tra le esposizioni di maggior prestigio l’opera Madre, al Macro di Roma, la partecipazione alla Quarta Biennale di Mosca ( 2011). Il Frost Art Museum di Miami e il Loft Project ETAGI di San Pietroburgo. Nel 2010 è al Castello di Rivalta (TO) e partecipa all’ Essential Experience al museo RISO di Palermo (2009). Nel 2008 una mostra personale in Francia al Museo di Saint-Etienne e l’invito alla XV Quadriennale d’Arte a Roma. Del 2005 la grande installazione sulla facciata della fondazione Palazzo Bricherasio a Torino, mentre nel 2000 la Gam di Torino gli dedica una mostra personale.

Ciò che resta è il titolo dell’ultimo grande lavoro di Grassino: un gigantesco cranio, realizzato in tubo corrugato e ferro. L’idea del memento mori sembra percorrere tutta la nuova mostra, anche se le altre opere paiono non avere diretti riferimenti all’allegoria sulla morte, che è una delle costanti dell’arte occidentale da duemila anni a questa parte. Di fatto, si tratta di residui di fusione, di concrezioni metalliche, di ciò che resta, appunto, una volta che ciò che conta se n’è andato.

Dal 12 aprile fino 31 maggio; Eduardo Secci contemporary, via Maggio 51, Firenze; info: www.eduardosecci.com

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