Ettore Spalletti in bianco

I due opposti cromatici del nero e del bianco segnano il tracciato della primavera espositiva della Gam di Torino. Gli spazi dell’Underground project hanno visto la recente inaugurazione della personale di Omar Galliani, composta da una serie di imponenti e virtuosistici disegni a matita su tavola, in cui il grigio scuro della grafite sfocia in paesaggi e cieli neri. L’Exhibition area del primo piano, invece, sembra porsi in aperta opposizione alla citata mostra sotterranea, presentando una collezione di circa 25 opere di Ettore Spalletti (Pescara, 1940) sotto il significativo titolo di Un giorno così bianco, così bianco. La mostra torinese è la seconda tappa espositiva di un omonimo trittico che ha già visto l’apertura della sua appendice romana, il 13 marzo scorso al Maxxi, e presto troverà il suo compimento al Madre di Napoli, a partire dal 13 aprile. Il proposito che soggiace al grande evento (che ha visto, per la prima volta, la fruttuosa collaborazione organizzativa delle tre istituzioni museali, «un fatto politico importante – per il direttore della Gam Danilo Eccher – che è sintomo di un sistema che funziona perché i musei italiani sanno lavorare insieme») è quello di dare vita a un’unica grande personale del maestro pescarese che possibilmente spinga i visitatori di ogni singola mostra a voler visitare le altre due, dando vita a un ambizioso e forse improbabile tour spallettiano. Mentre la mostra romana è caratterizzata da un’unica grande installazione ambientale realizzata appositamente per l’occasione e quella partenopea si snoderà come una più classica ricostruzione cronologica del percorso artistico di Spalletti, la mostra torinese si pone l’affascinante obiettivo di ricostruire la suggestione di entrare nello studio dell’artista, attraverso un’attenta disposizione spaziale delle opere provenienti da esso, oltre che da alcune importanti collezioni private.

Non si tratta di una ricomposizione architettonica pedissequa e impossibile del luogo in cui l’artista crea e vive a stretto contatto con le sue opere, ma della volontà di restituirne l’atmosfera poetica e spirituale, attraverso l’uso di una luce ambientale chiara, da mattinata estiva, che esalta il candore delle pareti che accolgono le opere, evidenziando la delicatezza cromatica di queste ultime – i pannelli bianchi di La stanza bianca (1993), l’azzurro atmosferico del cielo di Così com’è azzurro (2013) e Dentro l’acqua, Napoli (2011), e il rosa incarnato Rosa delicata (2013) – e immergendo lo spettatore in una serenità immateriale e magica che è la medesima che traspare dalle parole dello stesso Spalletti: «Provo sempre lo stesso entusiasmo a vivere lo studio. Passeggio rara i colori, oppure cerco di cogliere le luci che si modificano attraverso la giornata dalla mattina tardi fino alla sera quando il rosso del tramonto ridà colore ai colori. Quando apri la porta dello studio sei un altro luogo, sei nella mia casa». Come se non bastasse l’intensa esperienza estetica regalata dalle opere in mostra, la Gam ha deciso di renderla parte di un discorso teorico più ampio e ambizioso che ha segnato gli eventi del museo torinese degli ultimi cinque anni: quello di creare un dialogo atemporale tra il contemporaneo e il classico. Tra un decina di giorni, infatti, le opere pulite e luminose di Spalletti si troveranno affiancate da un capolavoro senza tempo di uno dei più grandi maestri della luce di tutti i tempi: il Ragazzo morso da un ramarro del Caravaggio.

Fino al 15 giugno. Galleria d’arte moderna e contemporanea, Torino. Info: www.gamtorino.it

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