Il cinema francese compiace i sostenitori del genere fantastico con La bella e la bestia (La belle et la bête), nuovo adattamento per il grande schermo dell’omonima fiaba scritta da Madame de Villeneuve e pubblicata nel 1740. Il regista Christophe Gans (Il patto dei lupi) recluta Léa Seydoux per indossare le vesti di Bell e Vincent Cassel per rappresentare la bestia, in quest’opera che riesce a oltrepassare i confini nazionali grazie alle nuove tecniche digitali, e alla perlustrazione di nuovi aspetti inerenti alla favola mai sottolineati prima; come l’approfondimento della figura del padre di Belle, interpretato da André Dussollier. La fotografia di Christophe Beaucarne risulta ben delineata e approfondita nel rendere lugubri le immagini che scorrono di fronte allo spettatore, il quale riscontra giusta contrapposizione visiva nella brillantezza di cui il personaggio di Belle resta avvolto. Gans scrive inoltre la sceneggiatura dell’opera non concedendo slanci emotivi, focalizzandosi sull’aspetto estetico e raffinato della ricostruzione fiabesca; vi è minuziosa attenzione sui dettagli degli effetti speciali (Till Hertrich e Monty Ploch), dei costumi di Pierre-Yves Gayraud e delle scenografie di Thierry Flamand.
Un viaggio immerso nel fantastico e nel romantico che porta il volto fintamente crudele di una bestia, lo stesso che trova lineamenti più rassicuranti in quello di Fabio De Luigi, protagonista assieme a Laetitia Casta della commedia Una donna per amica diretta da Giovanni Veronesi. Lungometraggio basato sull’improbabile e spesso difficile amicizia tra uomo e donna, che riflette il mancato distacco emotivo quando i sentimenti scavalcano il semplice affetto assumendo forme ben più profonde. Veronesi ambienta la storia in Puglia girando sequenze cinematografiche ricche di gag ed elementi di stile riferiti alla tipica cultura italiana, costruiti su atteggiamenti interpretativi ben supportati da De Luigi. Il volto bianco e candido della Casta contraddice il personaggio antitradizionalista da lei stessa interpretato, restituendo un ambiguo fascino che ben si schematizza con il senso narrativo del film. Nel cast anche Geppi Cucciari e Virginia Raffaele che subentrano nelle vicende con giuste tempestività filmiche in questa storia d’amore tra un timido avvocato e un’inafferrabile veterinaria, che diverte e sfuma lentamente nelle nebbie più cupe di Tir di Roberto Fasulo.
Vincitore come Miglior film all’ultimo Festival del cinema di Roma il documentario affonda i pugni nel tema della crisi economica, e di come un ex professore di Rijeka si vede costretto a diventare camionista. Interpretato da Branko Završan il lungometraggio colpisce il tema della dignità, della costrizione e della resistenza umana; un’opera che pone molte domande sulla cosiddetta civilizzazione, sul valore dei legami, e sull’importanza del poter tratteggiare una posizione occupazionale confacente ai propri percorsi formativi. Un viaggio a tinte forti che non gira intorno alla questione; Tir mostra e non dimostra, il suo linguaggio filmico resta d’esposizione per poter dare possibilità allo spettatore di riflettere sull’essenziale, riuscendo a trovare attinenze nell’opera Snowpiercer girata da Joon-ho Bong che pone l’accento sulla lotta delle classi sociali narrando le vicende di alcuni viaggiatori all’interno di un treno ad alta velocità, unico mezzo di salvataggio in seguito ad una devastazione causata da un esperimento mal riuscito. Il regista coreano adatta il fumetto Le transperceneige di Jacques Lob con la collaborazione di Kelly Masterson e Park Chan-wook alla sceneggiatura, Steve M. Choe al montaggio e Marco Beltrami alle musiche per confezionare una prospettiva sociale all’insegna del fantascientifico e del drammatico. Una corsa post apocalittica con un ritmo filmico apparentemente soffocato dal trascorrere della storia, che utilizzerà i tempi giusti per esplodere in un conflitto caratterizzato dalle differenze di estrazione sociale. Uno sguardo sul collettivo basato sulla convivenza forzata delle diversità, rappresentato da un eccellente cast composto da Chris Evans, Ed Harris, John Hurt, Jamie Bell, Octavia Spencer e, non ultima, Tilda Swinton; attrice che si contraddistingue per straordinaria bravura, e che continua a non smentirsi grazie a rare doti interpretative, e un fascino espressivo irregolare ramificato verso molteplici direzioni di caratterizzazione.