Memoria e oblio

Memoria e oblio, questi i due estremi tra i quali si muove Perdita di qualità, perdita di identità, la mostra romana di Gianfranco Baruchello curata da Silvano Manganaro negli spazi della fondazione Volume!. Il progetto nasce quando l’artista tornato a Livorno, sua città natale, scopre negli archivi della polizia di Stato un gruppo di circa quattrocento fotografie segnaletiche riguardanti uomini che, tra gli anni ’30 e gli anni ’50, sono stati sorvegliati principalmente per motivi di dissidenza politica. Tra queste Baruchello ne seleziona sedici che, a causa dell’azione distruttiva del tempo e degli agenti atmosferici esterni, si sono deteriorate fino a rendere irriconoscibile il volto da loro ritratto. Il movente che spinge l’artista ad agire è la constatazione che alla perdita della qualità delle immagini fotografiche, corrisponde una più generalizzata perdita d’identità dei soggetti e quindi della memoria storica sulla quale l’oblio sembra incombere. L’operazione che egli compie è in fondo incredibilmente semplice: preleva dalla realtà questa serie d’immagini e ne ingigantisce notevolmente le proporzioni. Proprio nel tentativo di riabilitare questa memoria, Baruchello isola i personaggi, colloca ciascuna delle grandi immagini fotografiche all’interno di una delle celle ricavate nello spazio espositivo che, per l’occasione, si trasforma in un ambiente in grado di avvolgere completamente il pubblico.

I volti ingigantiti, santificati, isolati, nel tentativo di restituire loro l’identità perduta, generano tra di essi e con il pubblico un complesso gioco di sguardi, alludendo a un’idea della storia che, per quanto lontana nel tempo, ancora ci osserva e ci ri-guarda. Al centro dello spazio, illuminata da una flebile luce di lampadina, c’è una copia del Nuovo codice di procedura penale risalente agli anni ’30. Il libricino rappresenta lo strumento del potere che ha legittimato il controllo e l’azione punitiva nei confronti di questi uomini ma allo stesso tempo, provenendo dalla biblioteca dello stesso artista, serve a chiamare in causa quel mondo di memorie personali e affettive così importanti per la comprensione del senso profondo della mostra. Nell’ultima sala dello spazio espositivo, oltre alla proiezione dell’intero archivio d’immagini fonte del progetto artistico, è diffusa una traccia audio nella quale l’artista legge sottovoce il testo di un discorso tenuto da Antonio Gramsci nella città di Livorno nel 1921. Baruchello con un intervento «tra l’arbitrario e il poetico» agisce su di esso eliminando tutte quelle parti che ne garantiscono la comprensibilità, facendone così una raccolta di parole sconnesse, sospese a metà tra il ricordo di una militanza e di un impegno ormai impossibili e il vocabolario di un potenziale futuro discorso politico.

Quando interrogato su quali dinamiche profonde animano questa operazione artistica, Baruchello ribadisce che si tratta della «memoria» e dell’«oblio». Di una memoria che è «politicamente affettuosa e non una rivisitazione fredda»; coloro di cui cerca di riscoprire i volti «sono personaggi che hanno casualmente vissuto e sofferto nella stessa città in cui è nato» e dei quali tenta di «far rivivere un ricordo in cui il significato politico è attenuato da quello affettivo». Eppure nonostante lo sforzo immane di riattivare questa memoria, i volti restano sempre irriconoscibili, privi d’identità anche nella loro rinnovata individualità. Baruchello sembra allora dimostrare quanto la tensione tra oblio e memoria sia in fondo irrisolvibile; egli costruisce questo complesso archivio d’immagini e suoni e coscientemente lo colloca nello spazio di continua negoziazione esistente tra memoria e oblio, tra presenza e scomparsa, donando al suo pubblico la possibilità di essere immerso in questo campo di forze contrastanti e mai pacificate.

Fino al 24 aprile; fondazione Volume!, via di San Francesco di Sales 86/88, Roma; info: www.fondazionevolume.com/l_cms/?mod=exhi_view&id=607

Foto Vasco Forconi

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