Quanto vale la nostra bellezza?

Roma

Dopo le polemiche dei giorni scorsi per la sottovalutazione del nostro patrimonio culturale da parte di tre agenzie americane di rating, Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch e la conseguente richiesta di un maxi  risarcimento da parte della Corte dei conti, dalle pagine del quotidiano Repubblica emerge chiara la risposta che Salvatore Settis dà a tutta questa vicenda. L’intellettuale si chiede se davvero sia possibile e consigliabile ammucchiare nella stessa shopping card il Colosseo e Tintoretto, La dolce vita e Machiavelli, Bernini e la Traviata. Per non parlare dei vari Carvaggio, Dante, Petrarca o l’immenso patrimonio che ci ha lasciato l’impero romano. Il patrimonio culturale non è petrolio, è l’aria che respiriamo, il sangue nelle vene e la carne di cui siamo fatti. È ciò che la memoria e l’anima sono per ognuno di noi. Non c’è prezzo che tenga, scrive a gran voce Settis, ribadendo come i 234 milioni chiesti come risarcimento alle agenzie di rating americane non bastano per un verso di Dante e riporta il rapporto dell’Économie de l’immateriel, stilato dai nostri cugini francesi, che considera i valori immateriali (non prezzabili) come il fondamento della crescita di domani. Questo rapporto è stato firmato da Maurice Lévi e Jean-Pierre Jouyet e commissionato dal ministero dell’Economia e si conclude affermando che i beni immateriali «nascondono un enorme potenziale di crescita che può stimolare l’economia della Francia generando migliaia di posti di lavoro e conservandone altrettanti che sarebbero altrimenti in pericolo». Settis continua affermando che, nel nostro paese, non si è mai visto un ministro dell’Economia porsi questo problema, partendo dal presupposto che la confusione tutta italiana tra il mecenatismo, la sponsorizzazione e l’invasione di imprese for profit nei musei sparisce tra Ventimiglia e Mentone. Forse sarebbe consono, conclude Settis che il Parlamento si decidesse a dare al governo la delega per l’aggionamento del Codice dei beni culturali (è in programma da giugno, senza nulla di fatto) e di leggere con attenzione, prima del rapporto francese, la Costituzione italiana.