Lo chiamano il Terry Richardson dell’Asia, ma basta dare un’occhiata ai suoi scatti per rendersi conto che in Ren Hang, giovane fotografo di Changchun, c’è un’urgenza che lo spinge a oltrepassare la forza estetica delle immagini, per sfiorare con gentilezza le questioni spinose che ancora gravano sul suo paese.
«Sono entusiasta di presentare il mio lavoro in Francia, poiché è difficile esporre le mie fotografie in Cina», così si è espresso in questi giorni l’artista in occasione della mostra che la Nue Galerie vicino Parigi gli dedica dal 17 gennaio al 14 marzo. Ma non per il nome della galleria l’artista ha deciso di intitolare l’esposizione La Chine à Nue (la Cina a nudo), quanto piuttosto per la ricerca che sottopone al pubblico già da diverso tempo, nonostante abbia solo 26 anni, sul corpo, inteso come vera essenza dell’individuo. Uomo o donna che sia il soggetto, a lui non interessa, si limita a inquadrare le persone così come sono venute al mondo, senza domandarsi se una fotografia sia sexy, provocante o scandalosa. Il suo paese invece sì che se lo chiede e, come già per altri artisti censurati, tra i quali l’acclamatissimo Ai Weiwei, Hang è costretto a esporre in sostanza soltanto all’estero, dove ormai le sue fotografie circolano da tempo riscuotendo grande successo. Nonostante ciò, in lui v’è un attaccamento al suo paese che gli impedisce di emigrare: in Cina è nato ed è lì che vuole rimanere e, ad ogni rifiuto inflittogli dal suo paese, cresce in lui il desiderio di essere accettato. Tuttavia, nella Cina conservatrice, il sospetto di oscenità è sempre dietro l’angolo e Hang più di una volta è stato arrestato per i suoi shooting alla luce del sole e se le gallerie cinesi si rifiutano di esporre le sue opere, le case editrici non sono disposte a pubblicare a suo nome. Senza moralismi, senza critiche, l’artista mette in scena i pregiudizi celati dietro a un’immagine che, pur senza malizia, mostra espliciti momenti sessuali, sfiorando senza violenza i tasti dolenti di un paese relegato ancora nei propri tabù. La luce dei flash frontali, dura e fredda, contrasta con il carattere intimo delle immagini, accentuato dalla familiarità che l’artista ha con i modelli e modelle, molto spesso amici che si prestano a posare per lui, che dice di non sentirsi a suo agio lavorando con sconosciuti. Stupisce pertanto come in questi giorni sia apparso su vice.fr un appello esteso a chiunque non abbia problemi con la nudità, per partecipare a uno shooting con l’artista prima della mostra parigina.
A volte assurde o ridicole e a volte molto toccanti, le fotografie di Hang raccontano e poetizzano la gioventù cinese non censurata dal governo, mostrando come questa non sia come il potere la vuole raccontare e come rassomiglia più di quanto possiamo immaginarci a quella occidentale. E tuttavia, l’artista si oppone fermamente con il suo stile a un’occidentalizzazione cannibalizzante, ricorrendo a un’intimità che problematizza tematiche sociali universali e condivise, che rimandano a vaghe reminiscenze degli scatti di Nan Goldin più che ai superfotografi in voga nelle riviste di moda. I nudi che Hang fotografa sono in realtà ragazzi e ragazze che si prestano a spogliarsi senza alcun pudore o timore e che, anzi, hanno voglia di mettersi a nudo e di esprimersi, desiderosi di muovere verso una libertà sessuale che al momento hanno solo la possibilità di annusare.
Dal 17 gennaio al 14 marzo, Nue Galerie, rue Méhul 29, 93500, Pantin; info: www.nuegalerie.com