Tra il futile e il mito

Oggetti d’uso quotidiano, giochi, peluche, animali e volti più o meno sconosciuti. Sono questi i soggetti delle opere del pittore inglese Paul Housley. Brocche, dadi, il peluche di Snoopy – il cane della celebre striscia di fumetti Peanuts – , un gatto, ritratti di gente comune e altri che immortalano persone che probabilmente qualche secolo fa erano misconosciute, ma che la storia dell’arte ha già reso note ed eterne per mano di altri pittori prima di lui. A questo eclettico artista di Manchester che subisce la fascinazione di icone dell’immaginario quotidiano e universale, il capoluogo siciliano ha dedicato una mostra. Fino al 18 gennaio la galleria Bianca di Palermo ospita Studio Stories. Un «solo-show» dell’artista come moderno narratore. Inventore di colorati e bizzarri racconti. «L’accumulazione costante di oggetti comuni sembra – infatti – rivelarsi una vera e propria fonte di illuminazione e di storie». Le pennellate di Paul Housley, spesse ed estese, sono quasi soggette costantemente al moto del pendolo. Esse, volendo abusare di quanto disse Schopenhauer riguardo alla vita e al monvimento del pendolo, sempre oscillano tra la futile quotidianità e il riferimento alto, che quasi sfocia nel mito . A volte, nella distribuzione del colore, nei movimenti del pennello sulla tela e nei soggetti stessi, si avvicina a Picasso. Altre volte ancora, nella gestione della luce e delle ombre, nella scelta e nel dosaggio dei colori, oltre che nella scelta degli stessi protagonisti dei quadri, pare adottare e combinare gli stessi stili iconici di maestri come Velazquez e Rembrandt. Non dall’ironia, ma piuttosto dall’ammirazione, filtrano nei dipinti di Housley elementi cubisti: ritratti di visi che sembrano maschere, come quelle del periodo africano di Picasso. Lo stesso autoritratto dell’artista inglese è realizzato “alla Picasso”, e ricorda proprio l’ultimo autoritratto del padre del cubismo. Ma, come è stato già accennato, Picasso non è l’unico genio omaggiato dalle opere di Housley. Una figura femminile sembra assomigliare alla sposa ebrea di Rembrandt, un’altra potrebbe essere la discendete della Venere di Willendorf (ma con le gambe). Nella sua figura blu si riflette un Housley insieme divertente e sdolcinato. Ma se qui, i colori freddi sembrano quasi ricordare il periodo blu picassiano, gli sprazzi di giallo, rosso e verde su altre tele, evocano l’arte di Velazquez.

Il dipinto Spanish self (2009) pare rivisitare uno dei quadri più noti del maestro spagnolo, Las Meninas (1656). L’artista inglese, con il suo occhio-obiettivo, non fa che zoomare sul volto della piccola Margherita Teresa di Spagna, riproponendocelo come riflesso su di uno specchio, vista la rotazione di 180 gradi rispetto all’originale di Velazquez. Il riflesso di Margherita proposto da Housley riprende il tema degli specchi già indagato nel dipinto seicentesco. Quello specchio potrebbe essere la dimensione da cui indagare, da cui spiare senza essere osservati. E sembra quasi che da dietro quello specchio lo stesso Housley osservi la realtà e i grandi dell’arte. Su quello specchio, come tanti raggi di luce, si riflettono sfumature diverse di stili e colori. In Spanish Self, ad esempio, non uno ma molteplici sono, in realtà, gli omaggi resi. Quello esplicito e dichiarato a Velazquez; quello implicito e più sommesso a Pablo Picasso, che già nel 1957 aveva dipinto una serie di tele che reinterpretavano Las Meninas. Ed ancora l’uso dei colori e la loro stesura rievoca l’espressionismo europeo: gli incarnati terrosi, le bocche rosso fuoco e fortemente geometriche, il contorno ceruleo degli occhi. Le tele di Paul Housley hanno molto da dire sulla pittura. Soprattutto su quella del passato, da lui mitizzata e continuamente onorata, lasciando i fantasmi dei grandi geni dell’arte liberi di infestare i suoi pennelli. Eppure lo stesso Housley sa di non poter far altro che ammirarli, senza poterli raggiungere ed eguagliare, tanto da ritenere lui stesso quasi ridicola la definizione di “artista” che gli viene attribuita. Ma la meraviglia delle sue opere sta soprattutto nei loro soggetti. Che siano volti già noti in altri e più famosi dipinti, o oggetti umili e quotidiani, Hosley li trasforma in altro ancora. Ci gioca senza deriderli. Attribuisce loro nuovi colori ed espressioni proiettandoli così in una realtà nuova. In questo modo, volti ed oggetti, come nello studio di uno scrittore di favole, diventano i soggetti di storie sempre diverse e fantastiche… « in cui, in fondo, tutto diventa credibile».

Studio Stories, fino al 18 gennaio alla Galleria Bianca, Via N. Garzilli, 26 – Palermo. Info: www.galleriabianca.com

 

 

 

Articoli correlati