Gola profonda, dagli schermi al museo

Il nome di Linda Lovelace a pochi suonerà familiare, probabilmente solo agli intenditori del settore. E se dicessi gola profonda? Le cose forse cambierebbero. Per quanti se lo staranno chiedendolo non sto parlando di quel gola profonda che nel 1972 svelò ai giornalisti del Washington Post il coinvolgimento di Richard Nixon nello scandalo Watergate. In realtà Mark Felt, la fonte anonima che contribuì allo scandalo, aveva rubato il nome in codice alla protagonista di un celebre film pornografico di quegli anni, Deep throat. Fino a gennaio il Museum of sex situato al numero 233 della Fifth Avenue di New York omaggia la celebre icona del porno con un’esposizione intitolata La Eva del porno, Linda Lovelace.

La trama del film era piuttosto innovativa per quegli anni in cui stavano avvenendo le prime conquiste della rivoluzione sessuale. La storia probabilmente la conosceranno tutti, anche i più ignoranti in materia: una ragazza, disperata per non riuscire a raggiungere l’orgasmo durante i rapporti sessuali, scopre, grazie a un medico, di avere il clitoride posizionato proprio sul fondo della gola. Da qui non è molto difficile arrivare a capire quale sia l’unico modo per arrivare al piacere. Il regista della pellicola, Gerard Damiano, con questo film incassò più di seicento milioni dollari in due anni di proiezione e il film diventò il più redditizio porno nella storia del cinema. In realtà gola profonda merita di essere ricordato più che per le scene di sessoi, perché è stato il primo film a portare il tema del porno alla piena luce del sole, sovvertendo i pregiudizi sociali che relegavano la proiezione dei film pornografici a poche sale nascoste e clandestine. Pertanto poco a poco Linda Lovelace, la protagonista dalla folta chioma castana, divenne in quegli anni una vera e propria vip, che frequentava celebrità del calibro di Jackie O e Jack Nicholson. Convertitasi in personaggio alla moda e donna che ogni uomo sognava di avere al suo fianco, poiché materializzava tutte le fantasie più recondite, anche gli artisti iniziarono a sognare di rappresentarla. Al fotografo Milton H. Greene toccò in sorte nel 1973 il privilegio di poterla fotografare in uno shooting di tre giorni. Tuttavia, dopo aver raggiunto il culmine della sua carriera, la Lovelace decise, in seguito a due gravidanze, di rinunciare al porno e non solo, di opporsi ad esso fermamente, in nome dei diritti fondamentali della donna, pubblicando anche due autobiografie e creando un movimento femminista anti-pornografia.

Gli scatti dell’attrice, fino a questo momento inediti, sono riuniti tutti per la prima volta in questa mostra curata da Yuliya e Kevin Mattei della YK Galleri, Inc, gentilmente ceduti da Joshua Green, figlio del fotografo, che dal 2006 lavora al restauro di più di 60.000 immagini dell’archivio di suo «Sono felice che questo progetto abbia preso forma – ha detto Joshua Greene a ABCNews – questo lavoro non era mai stato visto, era una parte della vita di mio padre». Oltre agli scatti di Green, la mostra include anche due documentari e diverse scene di sesso con il marito-imprenditore, Chuck Traynor, con il quale l’attrice ha avuto un rapporto controverso, tanto da arrivare ad accusarlo di averla minacciata con la forza a recitare nel film di gola profonda. Dopo un mediocre film del 2013 in cui una Lovelace interpretata da Amanda Seyfried tentava di trovare credibilità, gola profonda torna a far parlare di sé con un’esposizione che documenta storicamente la sua carriera e la rilevanza che ha avuto nella storia del cinema pornografico oltre a mettere in scena, come ha affermato il curatore della mostra, il disperato sogno di questa ragazza di diventare una superstar. Non c’è la volgarità trash di Cicciolina negli 840 negativi a colori di Green, ma piuttosto una malinconia dal sapore un po’ vintage che immortala in pose adamitiche, o meglio evitiche, il corpo e il volto dell’attrice, grazie ai quali ancora oggi è popolare.

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