Galimberti, quel cubista

Maurizio Galimberti, nato a Como il 1956, con la sua arte dimostra (almeno) un paio di cose. Primo il mosaico, nella sua idea di base, non è affatto morto; secondo, il cubismo è ancora vivo e continua a raccogliere proseliti. Ha inaugurato a Milano una personale del fotografo, cresciuto come geometra, che presenta la sua produzione dal 1995 fino al 2012 nella Costantini art gallery. Documentato così nel percorso espositivo gran parte del cammino dell’artista che passa dai classici mosaici fino ai ready made, per approdare alle recenti sperimentazioni con la solarizzazione, tecnica ripresa e da errore in camera oscura trasformata in arte da Man Ray, non a caso passato alla storia come homo faber.

Primo: il mosaico. Noioso e fuori luogo passare in rassegna la storia della tecnica, ci basta semplicemente analizzarla nella sua struttura più elementare e nel fascino che si tira dietro stimolando la fantasia di più di un artista contemporaneo. «Il mosaico è una composizione pittorica ottenuta mediante l’utilizzo di frammenti di materiali di diversa natura e colore» scrive Wikipedia. Simile, fin troppo simile, alla definizione di pixel: «elementi puntiformi che compongono la rappresentazione di un’immagine» (sempre Wikipedia), identica all’operato di Galimberti e, per citarne un altro, Pintaldi che appunto gioca con la riproduzione dei pixel sulla tela. In soldoni entrambi riprendono da una delle tecniche artistiche più antiche del mondo una ripetizione che crea quasi un ritmo, riprendono ancora, l’utilizzo di uno stesso elemento (la tessera per il mosaico, il pixel per Pintaldi, la foto per Galimberti) per la costruzione di un lavoro che è l’esatta somma delle sue parti. Polaroid, è questa la tecnica scelta dal fotografo per semplificarsi l’esistenza e per amore nei confronti di uno strumento immediato che di per suo evoca artisticità. Attraverso la composizione di più Polaroid Galimberti da vita a quella che potremmo chiamare indifferentemente una Polaroid gigante o un mosaico (titolo, tra l’altro, scelto dallo stesso artista per una delle sue serie).

Secondo: il cubismo. In questa gigante Polaroid quello che Galimberti riproduce è una realtà presentata da più punti di vista contemporaneamente. Se per la prima avanguardia storica era una questione temporale il mostrare lo stesso oggetto da vari punti di vista, per il fotografo, possiamo parlare non tanto di tempo inteso come scorrimento di secondi, minuti, ore, ecc. bensì di ritmo. Galimberti prende un oggetto, lo fotografa da varie inquadrature che poi assembla insieme ricreando quasi una melodia visiva con movimenti che scorrono in modo eterogeneo da tavola a tavola che possono seguire un andamento verticale, orizzontale, da destra a sinistra o diagonale che lentamente scoprono il soggetto presentato o impassibile, polaroid dopo polaroid, riproducono lo stesso identico protagonista con la stessa identica inquadratura.

Costantini art gallery, via Crema 8, MIlano; info: www.costantiniartgallery.com

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