Souvenir Universo

Ammirare un’opera di Silvia Camporesi trasmette un immediato senso di alienazione, da intendersi però nella sua accezione positiva: una sensazione di lascito, di abbandono, di fuga in territori ai confini del reale. La mostra Souvenir Universo, in programma alla Z2O di Roma, trasporta infatti lo spettatore in una dimensione poetica che si respira dietro ogni scatto dell’artista di Forlì, dietro ogni fantasiosa costruzione visiva che cela un solido impianto concettuale. Il titolo scelto per la mostra nasce da un gioco di parole: i due sostantivi, uno francese e l’altro italiano, si anagrammano a vicenda. Ed è proprio la prospettiva delle permutazioni di significato, tipica del gioco anagrammatico, alla base del suo nuovo progetto. «La fotografia – dichiara la Camporesi raggiunta durante l’allestimento – è sicuramente il punto di partenza della mia ricerca ma non il punto d’arrivo: lo scatto è l’ultimo atto di un percorso più lungo nato da un’idea che viene poi rielaborata attraverso vari passaggi». Tutte le opere esposte nella galleria capitolina fino al primo febbraio sono il pretesto per una riflessione che mette al centro l’ambiguità della fotografia e le sue possibili declinazioni, fino addirittura ad arrivare all’inusuale potenziale tridimensionale dello scatto, come si evince dalla serie di opere che giocano sul concetto di origami, l’antica tecnica giapponese del taglio e piega della carta.

«Questa è una mostra – continua l’artista – dove i soggetti ritratti sono luoghi reali e non reali insieme: l’esposizione si apre con un lightbox di un cielo stellato ma che in realtà è un cielo finto, un planetario. È proprio in questa ambiguità che la fotografia offre che si muove la mia ricerca, una ricerca che non vuole essere solo estetica ma anche concettuale. I soggetti fotografati sono sempre spazi e luoghi anonimi e abbandonati, celebrati attraverso la fotografia e ulteriori interventi che possono essere di postproduzione o manuali come i modellini di interni realizzati e fotografati in studio, poi resi allo spettatore in prospettiva, come se fossero reali». Due grandi fotografie di interni, scenari che ricordano il film Stalker di Andrej Tarkovskij, non sono luoghi reali ma immaginari, frutto del lavoro scultoreo di Silvia Camporesi che in queste opere sottolinea la sua volontà di sperimentare tutte le strade che partono dalla fotografia e la conducono verso territori lontani e tutti ancora da esplorare. La Camporesi, con il suo lavoro Il bosco bianco, è anche la vincitrice della seconda edizione del premio Francesco Fabbri per le arti contemporanee per la sezione dedicata alla fotografia contemporanea.

Fino al primo febbraio, Z2O galleria | Sara Zanin, Via della Vetrina 21, Roma. Info: www.z2ogalleria.it