Pene d’artista

Chi potrebbe mai dimenticare il sorriso beffardo di Louise Bourgeois nella celebre foto di Robert Mapplethorpe dell’82, che la immortala mentre stringe sotto al braccio con nonchalance, al posto di una comune baguette, una scultura a forma di fallo? Tutta la sua arte, d’altronde, ruotava attorno alle ossessioni erotiche generate dalle vicende vissute nel suo nucleo familiare. Il tradimento, la gelosia, le tensioni, venivano da lei trasfigurate in grotte rivestite da forme falliche, da giganteschi peni appesi come prosciutti, che provocavano non poco disagio nel pubblico non abituato a certe esorcizzazioni “indelicate” delle tematiche sessuali.

Anche l’esposizione di Sarah Lucas, alla Whitechapel gallery fino al 15 dicembre, mette in mostra in tono ironico ed eversivo le ossessioni dell’artista, materializzate in oggetti comuni come verdure, sedie, collant e sigarette che rappresentano in realtà inquietanti simboli sessuali.

L’artista britannica è da lungo tempo conosciuta: scultrice dagli anni ’80, fa parte della generazione di quegli equivoci artisti capitanati da Damien Hirst e Tracy Emin e supportati da Charles Saatchi, raggruppati sotto il nome di Young British Artists. Per essere più chiari, diciamo che il movimento è stato da sempre al centro di polemiche, per la maggior parte scaturite dal fatto che quest’arte, per lo più dissacrante, era in realtà la concretizzazione del potere istituzionale che la sottometteva alle strategie di mercato. Proponendosi fini contestatori, i suoi componenti hanno prodotto dei lavori sempre eclatanti nonché piuttosto repellenti, includendo imbalsamazioni di animali, utilizzo escrementi di elefanti, teschi e violente deformazioni fisiche di ogni tipo.

Sarah Lucas, nello specifico, crea delle sculture e installazioni che mettono l’accento sul tema del corpo, un corpo non integro e seducente, ma fatto a pezzi, smembrato nelle diverse parti che richiamano il tema della sessualità e dell’identità; un corpo ridotto allo statuto di oggetto, che sfida la rappresentazione stereotipica del gender e i pregiudizi sessuali. Negli ultimi anni il lavoro di Lucas ha combinato i frammenti di corpo con forme e materiali della natura. Nell’esposizione, dal titolo Situation, vengono proposte opere note come Two Fried Eggs, sculture più datate, tra cui Still life, e Get Hold of This, fotografie e installazioni nuove, ma soprattutto, tanti tanti peni. Sarà la magia che evoca il titolo – che sembra richiamare proprio Sensation, la mitica esposizione del 1997 organizzata alla Royal Academy per pubblicizzare gli YBAs – certo è che, sebbene le sculture e le immagini della mostra alla Whitechapel possano sembrarci decisamente imbarazzanti, anche oggi restiamo stregati davanti a quei giganteschi peni che ricordano totem ancestrali, ai grappoli di mammelle che sembrano sculture surrealiste e davanti a quegli ammassi di carne, che fanno pensare ai torturati dipinti di Jenny Saville.

In realtà il pensiero ricorrente della distorsione dell’immagine identitaria qui c’è tutto, ed è reso in maniera piuttosto violenta e sintetica. L’identità non c’è più, ma è ridotta ai suoi attributi, decontestualizzati e oggettivati. Come viene vista una donna? Due gambe su un piedistallo e nessuna testa, solo un insieme di seni e capezzoli. Come viene visto l’uomo? Un pene. E il suo pene a volte lucido ed eretto è nelle fotogafie un oggetto, una bottiglia di latte o una bistecca di vitello. Perché in fondo è questo che siamo, carne, e carne dobbiamo rimanere. Carne da macello e da consumo che viene vivisezionata e alterata, 2, 3, 4 gambe che si offrono generose, due uova al tegamino al posto dei seni che dicono mangiami, una sedia travestita da uomo, una da donna che sembrano seviziare, o che vogliono seviziare. I macabri sogni freudiani di una ragazzina vengono anche in lei, come nelle opere di Bourgeois, materializzati nei suoi nuovi lavori, in cui un tenero teddy bear appoggiato a una sedia mette in bella mostra un seno e un pene sproporzionato.

D’altra parte, lo diceva anche Freud, i bambini attraversano una fase fallica, in cui l’energia della libido si sposta alla regione genitale, nella quale ha poi inizio il complesso di Edipo (per i maschi) o di Elettra (per le femmine) e in quel momento stesso subentra il complesso della castrazione. In questo caso dalla castrazione si passa anche alla protesi postumana, in cui i peni vengono usati come prolungamenti di altri arti del corpo, montati su dei corpi femminili come accessori di decoro.

Ospite all’ultima edizione della Biennale di Venezia, Sarah Lucas torna con una importante retrospettiva che merita una visita per ripercorrere gli anni di lavoro di un’artista enigmatica, le cui opere da alcuni vengono lette in chiave femminista, da altri interpretate come una sfrontata critica alla società e ai suoi pregiudizi. Soltanto una raccomandazione: evitare di sedersi sulle sedie che, avendo sembianze umane, presentano nella parte anteriore sporgenze che potrebbero risultare poco gradite.

Fino al 15 dicembre, Whitechapel gallery, 77-82 Whitechapel High St, Londra; info: www.whitechapelgallery.org