Nam June Paik il sempreverde

Nam June Paik è un sempreverde, un artista che dopo decenni continua a essere omaggiato con esposizioni e retrospettive visto il ruolo chiave che ha giocato nell’arte contemporanea e in particolare nella videoarte. Paik, artista statunitense ma di origine sudcoreana, è un innovatore del linguaggio video: l’inizio risale al 1963 con la sua prima personale alla galleria Parnass di Wuppertal, dove presenta l’installazione 13 TV: 13 distorted TV sets. Sono passati 50 anni da quella invenzione che per la prima volta utilizza diversi schermi televisivi con immagini modificate e rielaborate per restituire allo spettatore la sensazione di straniamento che deriva dal bombardamento mediatico della cultura di massa. Un’occasione per vedere o rivedere i lavori di Paik è la mostra The future is now in programma fino al 2 marzo a Camogli (Genova) alla fondazione Remotti. La retrospettiva, a cura di Francesca Pasini con Caterina Gualco, nasce dal programma di dialogo con altre collezioni italiane. Nell’opera del videoartista musica, immagine e suono si fondono insieme per stravolgere radicalmente la linearità della narrazione e disturbare esteticamente chi guarda. In un’alleanza performativa i monitor delle televisioni diventano soggetti di un’opera d’arte totale e suggeriscono un interessante bacino d’interazione tra cultura pop e le sue derivazioni mediatiche.

In mostra negli spazi della fondazione Remotti una ventina di installazioni che ben ripercorrono la carriera di Paik che, venuto a mancare nel 2006 a Miami, è stato un protagonista dell’arte del Novecento essendo presente agli appuntamenti fondamentali come la Biennale di Venezia del 1993, dove vince il Leone d’Oro, e Documenta di Kassel nel 1977. «La cosa che più mi intriga della cultura italiana – ha dichiarato in passato – è certamente la qualità e la complessità della grande opera italiana. L’opera rappresenta quello che ricerco nell’arte elettronica, in un’opera c’è tutto: la musica, il movimento, lo spazio». Nam June Paik ha soggiornato in Italia più volte, dal 1967 alla fine degli anni Novanta, collaborando in un fruttuoso rapporto con gli artisti di movimento Fluxus. Portatore e sostenitore di libertà intesa come rottura di schemi conformisti, Paik ha ancora molto da trasmettere soprattutto per l’energia che sottende la visione di ogni sua opera.

Fino al 2 marzo, fondazione Remotti, Camogli, Genova. Info: www.fondazioneremotti.it

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