L’anima della materia

Pietro Coletta, brillante scultore, presenta la sua nuova personale allo spazio Mudima, che comprende una decina di sculture create appositamente nell’ultimo anno per gli spazi della Fondazione. Osservando il suo lavoro scultoreo nel suo complesso si percepisce chiaramente il fine del suo progetto teso a creare un’unica installazione di maggior potenza visiva, attraverso la presenza del legame spaziale. “La contrapposizione di due spazialità: una prima vuota e beante e una seconda solidificata e compatta, è forse l’enigma che presenta e giustifica la più recente operazione di Pietro Coletta – scrive Gillo Dorfles – un’operazione che, nel suo rigore, è sempre adeguata a quelle che sono le direttive della sua creatività artistica”.

Pietro Coletta è pioniere di una ricerca astratta continuamente in atto, cosciente sia del fatto che ogni materia possiede un anima e una sua preziosa vitalità, sia della presenza di varie dualità vivificanti dello spazio, quali pieno/vuoto, reale/virtuale, luce/tenebra. “Direi che la mia operazione artistica è quella di costruire una scultura virtuale nel senso che la mia ricerca plastica si muove sul tema unico e centrale dello spazio. Lo spazio è il mio materiale di lavoro – scrive Coletta – le mie opere non occupano lo spazio, ma generano e dilatano lo spazio determinandone appunto questo carattere virtuale”.

Quando si pensa a Coletta e al legame spaziale che intesse con l’ambiente circostante ed elabora con l’uso della materia, si pensa anche allo spazio invisibile che lo scultore è in grado di rendere visibile e al legame spaziale inteso come ricerca che guarda in alto, al di là, al divino.

Attraverso l’uso di una sfera e travi in legno ai suoi margini, l’artista crea l’occhio di Dio, inteso come una prospettiva verso il futuro, l’unione di tutte le religioni, l’amore universale, quell’amore che unisce e non disunisce, è l’amore che va oltre i confini e le razze, l’amore che contempla solo la parte finale, l’abbraccio cosmico. L’arte, nel contempo, per Coletta è espressione del divino, è la stessa divinità. «L’arte deriva dal profondo dell’inconscio e viene fuori in maniera istintiva, e si materializza. È interessante questo fatto di rendere visibile l’invisibile, di rendere concreto un pensiero astratto. È bellissima questa alchimia – sottolinea l’artista – ogni essere umano può essere un mago. Questa è magia. È pura magia, è magia divina». Tra le sue opere compaiono le meteore, realizzate con un foglio di rame contorto con al centro un sasso delle Murge, la terra da cui proviene Coletta. Questo tipo di lavoro rappresenta un omaggio di ammirazione verso il cielo, verso il cosmo, poiché le meteore lo hanno sempre affascinato in quanto sono «grandi viaggiatori, sono portatori di un messaggio», come afferma lo scultore. Secondo Luciano Caramel: «Rimandando, oltre che alla terra degli antenati, al punto di partenza su cui l’umanità ha edificato la sua millenaria storia». Attualmente è il suo interesse verso il mito che sviluppa attraverso le sue opere protagonista del suo cammino ultimo. È per questo che nascono Occhio di Polifemo, Sisifo, Kairos, Prometeo.

Fino al 29 novembre; fondazione Mudima, via Tadino 26, Milano; info: www.mudima.net