Zhang Huan, L’anima e la materia

L’incontro fra la tradizione artistica fiorentina e l’opera di uno dei più interessanti esponenti della cultura cinese contemporanea dà vita a un percorso espositivo che si dispiega in un contesto d’eccezione, che dalle sale di Palazzo Vecchio, simbolo del potere civile di Firenze da oltre sette secoli, giunge a Forte Belvedere, finalmente restituito alla vita culturale cittadina, con la mostra L’anima e la materia, ideata e curata dalla sottoscritta (fino al 10 ottobre). Ed è così che oggi possiamo veder dialogare le opere di Zhang Huan con quelle di grandi artisti che celebrarono la Repubblica fiorentina e la dinastia medicea – da Donatello a Michelangelo a Vasari – sul doppio binario dell’iconografia cinese e occidentale, in un inedito confronto tra passato e presente, tra realtà terrena e spiritualità. A partire dal salone dei Cinquecento, dove un maestoso ciclo di pitture celebra l’apoteosi di Cosimo de’ Medici, fino alle sale del secondo piano, testimoni della decorazione più antica del palazzo, i lavori di Zhang Huan rappresentano una provocazione intellettuale ed emotiva per tutti i visitatori. L’incontro tra la storia, la spiritualità orientale e la tradizione artistica del Rinascimento genera una sorprendente contaminazione tra elementi antichi e contemporanei e la convinzione che solo attraverso la conoscenza del passato sia possibile creare una nuova via per il futuro.

Numerosi i temi portanti di questa rassegna, dedicata in particolare alle opere realizzate dopo il 2005, momento del definitivo ritorno in Cina dell’artista, che dopo l’esperienza newyorkese e il viaggio in Tibet rientra in patria con una nuova consapevolezza e con una comprensione più profonda della tradizione, della cultura cinese e della fede. L’incontro con il Buddhismo determina una svolta fondamentale e una maturazione sostanziale nella sua poetica, tesa ora verso un’indagine viscerale del rapporto fra individuo e collettività. La sua vita e la sua arte subiscono un cambiamento profondo e radicale che lo indirizza verso la ricerca delle proprie radici e della propria storia.

L’opera dell’artista cinese si propone quindi come prezioso mezzo di comunicazione universale e, al contempo, come strumento di indagine spirituale. Zhang Huan rivisita tematiche legate al rapporto fra l’individuo e la divinità: riferimenti morali e spirituali come Confucio, Buddha e Gesù divengono protagonisti imprescindibili della sua pratica artistica. Impossibile allora non interrogarsi attentamente sul valore del suo operato: un’intensa esperienza conoscitiva che invita a non identificarsi solo nei simboli precostituiti di un credo, ma a tener conto di una visione più ampia dell’esistenza, per affidarsi a nuove e preziose guide che possano far luce sul nostro viaggio.

Da tali presupposti Zhang Huan avvia una riflessione sulla complessa dialettica fra anima e materia, elementi complementari e inscindibili, poli opposti di un’ampia indagine che conduce a una sublime convergenza e che induce a soffermarsi sull’essenza dell’individuo. Ecco allora che L’Anima e la Materia – titolo scelto per raccontare quest’esperienza – assumono un significato più denso e al contempo tangibile. I due termini in questione richiamano alla mente un dualismo che nella poetica più matura di Zhang Huan si fa cruciale. L’opera, spesso concepita come figura costituita di cenere, si presenta quale portatrice di un’arcana spiritualità, chiave di ricordi lontani. È proprio l’adesione a una rappresentazione che attraverso la materialità esprima il segreto di una memoria dai forti valori spirituali a costituire il nucleo pulsante dell’arte di Zhang Huan. È il futuro che emerge nel momento in cui entriamo in contatto con il nostro passato e con le manifestazioni artistiche di civiltà antiche. Quello che Zhang Huan ci porge sono dunque nuovi stimoli e germinazioni per interrogarsi sull’essenza della vita.