Citazioni a luci rosse

Capita, a volte, che gli artisti citino altri artisti. Esistono dei casi, poi, in cui le citazioni divengono veri e propri tributi, opere costituite da una rimanipolazione degli originali che sfociano così in un nuovo lavoro creativo, carico di valori e di significati diversi rispetto al punto di origine. Questo è il caso di Bjarne Melgaard, eclettico artista nato nel 1967 a Sydney ma cresciuto ad Oslo, oggi in pianta stabile a New York.

Alcune delle sue opere sono in mostra, fino al 21 luglio, al Palazzo delle esposizioni di Roma, all’interno della collettiva Empire state. Arte a New York oggi. Tali lavori non potranno non richiamare alla mente quei celebri pezzi di design creati dalla controversa e geniale mente di Allen Jones, irriverente artista pop britannico divenuto famoso per un audace uso del corpo femminile, riprodotto minuziosamente in sculture a grandezza naturale ed usato in modi che farebbero – e hanno fatto – inorridire le femministe più incallite. Fasciati in vestitini fetish, che lasciano davvero poco all’immaginazione, questi procaci e sinuosi fisici in vetroresina, si prestano a diventare veri e propri complementi d’arredo.

Che siano poltrone, attaccapanni o tavolini, il messaggio è chiaro: la donna viene trasformata, provocatoriamente, da soggetto pensante ad oggetto funzionale. Una critica ad una società fatta di eccessi, dove il consumismo e la superficialità fanno da padroni. Argomentazioni che il movimento pop fece propri, rielaborandole attraverso le forme creative più disparate, come dimostrano le stesse opere di Jones.

Bjarne Melgaard, dunque, con questa serie di lavori presuppone una palese citazione, riproducendo in tutto e per tutto quelle opere originali, con precisione e meticolosità. Un dettaglio fondamentale, però, cambia, guidando lo spettatore nella poetica dell’artista: le donne in questione non hanno più la pelle bianca, ma nera.

Non è di certo, questo, un caso isolato nella produzione dell’artista. Infatti esiste tutta una serie di dipinti erotici che riprendono i lavori pittorici di William Copley, rappresentati grovigli di donne e uomini bianchi sorpresi nel pieno di un amplesso o nell’intimità di un momento dedicato all’autoerotismo. Anche qui le riproduzioni di Melgaard sono fedeli, precise e attente, con l’immancabile variante che si ritrova anche nel tributo a Jones. Ogni personaggio bianco diviene, sulle scene di questo poliedrico artista, inevitabilmente di colore.

Opere, dunque, che dividono la loro essenza sia in una eccezionale ammirazione per gli artisti citati, che Melgaard tende a celebrare attraverso una propria visione del mondo, grazie a sapienti adattamenti che caricano le sue creazioni di un ulteriore spunto di riflessione, sia in una concezione più antropologica, dove viene prestata quell’attenzione necessaria nei confronti di un diverso prototipo culturale troppo spesso tralasciato dal mondo dell’arte, concentrato perlopiù su stereotipi caucasici.

Tra sberleffo e critica sociale, tra note violente e tonalità provocatorie, Melgaard ha fatto della provocazione il suo cavallo di battaglia in ogni tipo di lavoro, che sia un’installazione, una scultura o un dipinto. Stravagante, anticonvenzionale ed esplicito, questo artista si proietta in un mondo che critica se stesso, ma che al contempo si apprezza, autocitandosi e autoriproducendosi, in una potente espressione della sua stessa, cangiante, multiformità.

fino al 21 luglio

Empire state. Arte a New York oggi
Palazzo delle esposizioni – Via Nazionale 194, Roma