Homo homini lupus

Chi siamo? Dove andiamo? Cosa cerchiamo? Da sempre l’uomo si pone interrogativi esistenziali sulla sua condizione, sulla sua storia, sulla sua identità. L’uomo è animale sociale, paradosso di una continua ricerca incentrata sul sé, per evitare l’urto, la delusione, il confronto con l’altro, per poi, non trovandosi, soccombere alla solitudine e al rigetto di sé. Una questione irrisolta che isola ogni coscienza nella paralisi del vuoto cosmico, persa nel rumore della folla: il mostro è dentro, la risposta è in ognuno di noi. Quattro artisti, Mrdjan Baijc, Paolo Grassino, Bernardi Roig, Francesco Sena affrontao l’arduo compito di indagare sulla fragilità umana e sull’ancestrale dualismo Io/Altro.

Con la serie Sconosciuti Francesco Sena elabora la distanza che il soggetto pone tra sé e l’altro nel tentativo di difendersi da un inevitabile confronto che si presenta distruttivo, critico per la propria, insicura, pesonalità. L’altro, il diverso, è visto come qualcosa di inavvicinabile, di indefinito, come i fili di cera che, sovrapposti casualmente, delieano sagome inespressive, anonime, vuote. Lo spagnolo Bernardi Roig, nella sua installazione, sfrutta il contrasto luce/ombra per scolpire nel marmo il dolore dell’uomo, solo, che si allunga, arreso, nel silenzio della propria tana – rifugio-progione – al riparo dal mondo, dal contatto, dalla relazione. Al contrario nell’installazione di Grassino ( parte del lavoro intitolato Invalicabile ) il diverso appartiene a ognuno di noi e non ci permette di avvicinarci gli uni agli altri: una barriera di cemento e schegge di vetro che isolano il soggetto e al contempo lo feriscono e lo provano di ogni tratto umano. L’imponente opera di Mrdjan Baijc rispecchia il peso schiacciante e paralizzante della paura dell’uomo di accettasi, di riconoscersi in se stesso e dell’altro: un muro invallicabile che blocca ogni via di fuga, ogni possibilità di apertura liberatoria e costruttiva. La mostra collettiva propone opere realizzate con tecniche e linguaggi differenti che riflettono sul concetto di alterità, sull’estraneo, sullo straniero, come figure necessarie al confronto e alla conoscenza del sé.

L’indivivuo è posto a tu per tu con le proprie debolezze e fragilità. Si scopre vulnerabile e infedele a se stesso e alla sua stessa natura di uomo tra gli uomini; da qui la confusione, la paura della solitudine autoimposta. Come sottolinea il curatore, Alessandro Demma: «La prospettiva sull’identità – spiega Demma – risulta così spostata alla radice: l’appartenenza originaria del soggetto a se stesso, data quasi per scontata, si ribalta nell’estraneità di un io costitutivamente e originariamente decentrato da sé. A partire dalle questioni teoriche nasce la riflessione di questi quattro artisti sul concetto di straniero, di estraneo, sulla complessa relazione con l’hostis, termine che designa lo straniero e che contiene contemporaneamente in sé l’intero repertorio delle accezioni semantiche dell’alterità: il forestiero, l’estraneo, il nemico, lo strano, lo spaesante; situazioni che costantemente attraversano il nostro vissuto quotidiano e che ci permettono di capire, interpretare, conoscere meglio noi stessi».

Fino al 15 luglio; Eduardo Secci contemporary, via Fra Giovanni Angelico 5, Firenze; info: www.eduardosecci.com

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