Cambiare, un imperativo

Cambiare, un imperativo, un’esortazione a scoprire nuovi mondi, nuove possibili vie di sviluppo e innovazione. Questo è il tema portante dell’ottava edizione di Fotografia europea, il festival internazionale che fino al prossimo 16 giugno è visibile tra le vie e i siti monumentali di Reggio Emilia. Il cambiamento come mutazione globale, unico e vero scopo di crescita collettiva e di rinnovamento culturale. La città accoglie oltre 400 esposizioni dedite a raccontare il mondo contemporaneo attraverso gli occhi di artisti innovativi e originali. I chiostri di San Pietro costituiscono l’incipit della narrazione: negli ambienti dell’antico monastero benedettino l’immaginario di Cristina De Middel, il simbolismo di Philippe Chancel, l’irriverenza di David Stewart, i diari emiliani di Anders Petersen, il misticismo di Esko Männikkö e la poesia cosmica di Andrea Galvani mostrano al pubblico scenari imprevedibili e inaspettati, tracciano un intricato sentiero mnemonico in cui si perde ogni riferimento geo-temporale.

Anders Petersen, fotografo originario della Svezia, trasforma il suo reportage emiliano post terremoto in un diario personale, un racconto per immagini dove non affiorano i luoghi colpiti dalla catastrofe ma compaiono sentimenti, lacerazioni appartenenti alla gente che ha subito sulla propria pelle le conseguenze del sisma. Petersen narra il cambiamento e disegna nuovi spazi, le sue immagini suggeriscono la cronaca, portano alla luce, attraverso l’utilizzo del bianco e nero, un abbandono, il cambiamento di un popolo. The Afronauts è il progetto esposto da Cristina De Middel, l’artista spagnola, ex photoreporter, costruisce nelle sue immagini un’estetica irriverente che si discosta da qualsiasi approccio con la realtà. Negli anni ’60 la Nasa aveva intenzione di aprire un programma spaziale in alcune regioni del continente africano, il tentativo, realmente eseguito, fu un fallimento ma tutt’oggi si conservano le carte di quel bizzarro progetto. De Middel opera su questo fatto di cronaca e apre la sua visione a un mondo possibile, i suoi scatti disorientano lo spettatore, generano un incomprensibile stupore descrivendo il continente africano sotto una luce completamente diversa ed estraniante.

Colori saturi, umorismo surreale, malizia irriverente sono gli ingredienti della fotografia dell’inglese David Stewart. I mondi rappresentati generano un’estetica eccentrica che s’interroga sul mutamento delle persone e degli oggetti che circondano la nostra quotidianità. Andrea Galvani, artista italiano emigrato a New York, presenta al festival il suo progetto intitolato Higgs Ocean. Le immagini del fotografo raccontano il personale approccio con i mari del nord attraverso la descrizione del circolo polare artico, l’imperturbabilità del ghiaccio, l’assenza spazio – temporale in cui si immerge lo sguardo del fotografo, favorisce la costruzione di scenari desolati e infiniti dove la presenza dell’uomo riesce solo a sottolineare la forza propulsiva della natura. Cambiamento e visione sono gli spunti per leggere gli scatti di Thierry Cohen e Carla Carati, grandi protagonisti del festival le cui mostre sono state allestite presso i Chiostri di San Domenico.

Carla Cerati, classe 1927, è un monumento della fotografia italiana e internazionale. Le sue immagini sono la testimonianza diretta di un paese in evoluzione che negli anni del boom economico si trasforma e genera nuovi paesaggi, nuove prospettive e la voglia di rivoluzione. La fotografa ha ritratto gli artisti e gli intellettuali più importanti del Novecento: Vittorini, Garcia Márquez, Pasolini, Calvino, sono alcuni dei personaggi immortalati dalla creativa bergamasca. Notevole è anche il suo apporto nel mondo teatrale, le fotografie degli spettacoli del Living Theatre rappresentano preziosi documenti storici.

Le composizioni del fotografo francese Thierry Cohen svelano, grazie all’apporto tecnologico, un universo votato alla natura che rinnega l’artificio imposto dall’uomo. La serie Darkened Cities è la rappresentazione di come le città abbiano oscurato la luce del cielo, l’inquinamento luminoso ha mutato in maniera irrevocabile il ritmo naturale del giorno, ha influenzato i cambiamenti che riguardano la fauna notturna, le città al buio offrono uno spettacolo sorprendente, la natura riacquista la sua imponente forza. La Russia è un paese dalle molteplici contraddizioni, la sua identità, dopo la caduta del muro di Berlino, è in continua evoluzione. Fotografia europea in questa edizione ha sviluppato un dialogo molto intenso con la città russa attraverso la stretta collaborazione con il Multimedia Art Museum moscovita. Lucia Ganieva, Viktoria Sorochinski, Sergey Shestakov e Tim Parchikov narrano attraverso i loro scatti un paese a cavallo tra post – comunismo e gerarchia oligarchica. Il disastro di Chernobyl, i nuovi tessuti familiari, gli immaginari fiabeschi sono alla base di una nuova ricerca estetica di matrice sovietica.

Le oltre quattrocento mostre saranno visibili al pubblico fino alla metà di giugno, fotografia europea apre le sue porte al mondo attraverso numerose esposizioni correlate e un circuito Off da scoprire, cambiare è un imperativo ma declinando il verbo all’infinito diviene il sostegno di una nuova generazione che costruirà mondi sempre più affascinanti.

Fino al 16 giugno; Reggio Emilia; info: www.fotografiaeuropea.it

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