La verità è che le fotografie di Luigi Ghirri hanno lo stesso dogma sulla natura divino-umana di Gesù Cristo, le sue opere sono cento per cento pittoriche e cento per cento concettuali, lontane da ogni scesa a patti distruggono il compromesso anni Ottanta. Il fotografo, qualunque esso sia, in quegli anni si trovava stretto fra due correnti parallele che per definizione si incontrano all’infinito: proseguire con l’austerità del concettuale o cavalcare l’onda del kitsch. Nel mentre tramontava l’arte divenuta troppo filosofica, nasceva un gusto che ritornava alla bellezza della pittura e del figurativo nettamente in contrasto con il pensiero del decennio precedente. Certamente le fotografie di Ghirri sono belle, bellissime eppure lontane da un’idea di foto come quadro, a scansare ogni equivoco ci pensa lo stesso autore che a ogni occasione metteva l’accento sull’atto e non sul soggetto, sulla pratica e mai sul manufatto: «Fotografare è soprattutto rinnovare lo stupore» diceva. La scelta di dedicarsi al paesaggio non deve trarre in inganno e far ricadere lo spettatore nell’opera come finestra sul mondo, per Ghirri, il mondo prima di essere albero, collina, fiume e casa era forma e tanto bastava. Il paesaggio, insomma, era altro dall’uomo e il dramma, quello grande, è che con l’uomo doveva fare i conti, la relazione che si instaura fra i due è la ricerca fotografica più poetica di tutta Italia. Il bello per Ghirri è un accidente. Per capire la grandezza del fotografo basta paragonarlo ai sui colleghi in quella che è passata alla storia come la new wave italia della fotografia, ovvero: Berengo Gardin, Mimmo Jodice, Olivio Barbieri, Guido Guidi e Gabriele Basilico. Crediamo che al confronto le immagini parlino da sole.
Luigi Ghirri è il protagonista di una sua retrospettiva al Maxxi di Roma dal titolo, Pensare per immagini a cura di Francesca Fabiani, Laura Gasparini e Giuliano Sergio. L’esposizione presenta 300 scatti contornati da appunti, cartoline, libri e riviste appartenuti all’artista. Questa è una selezione d’immagini provenienti dalla mostra. Fino al 27 ottobre; Maxxi, via Guido Reni 4, Roma; info: www.fondazionemaxxi.it