Il bordello dell’arte

Percorrere le strade della trasgressione mettendosi in gioco in prima persona, facendo cadere ogni filtro posto tra spettatore ed opera. Questa è l’essenza di Dignità Autonome di Prostituzione, un eccezionale spettacolo teatrale creato da Luciano Melchionna, da un’idea concepita insieme ad Elisabetta Cianchini, nel 2007.

Il funzionamento è semplice ed efficace: allo spettatore vengono forniti dei dollarini con cui potrà pagare le prestazioni degli attori-prostituti del grande bordello artistico in cui si trasforma, per l’occasione, il teatro. Una volta deciso da chi lasciarsi trascinare in un’esaltante avventura, l’attore porta gli avventori in una stanza separata, concedendosi totalmente attraverso una performance teatrale di altissimo livello.

In tal modo gli spettacoli proposti da Dignità Autonome di Prostituzione, che hanno ottenuto negli anni un successo davvero strepitoso, non sono mai uguali gli uni agli altri, e continuano ad attrarre “clienti” abituali o sempre nuovi. I personaggi sono fortemente caratterizzati e si mescolano con il pubblico, vagando nei corridoi e nelle stanze, seducendo attraverso la fine arte della recitazione.

Come nasce Dignità Autonome di Prostituzione?

«Una sera del 2007, durante una tournée, parlando con la mia attrice/amica di rara umanità ed intelligenza qual è Elisabetta Cianchini, è uscito fuori il titolo e la declinazione del format DAdP con una naturalezza che solo le cose “necessarie” hanno. Tre anni prima avevo iniziato ad organizzare alcune “pillole” – come le chiamo io – “per una terapia di riavvicinamento del pubblico al teatro” ovvero delle performance brevi – dai 10 ai 20 minuti – nei luoghi più disparati durante eventi di altro genere. In un’occasione simile, avevo messo in scena il monologo sulla pedofilia – scritto da Fabrizio Bajec – in cui una giovane attrice, apparentemente minorenne, attendeva lo spettatore, in una stanzetta di tre metri quadri, con indosso solo un paio di mutandine, ascoltando musica a tutto volume, sdraiata su una brandina di ferro e raccontava al “malcapitato” di turno come aveva sedotto e abbandonato un uomo molto più grande di lei fino a farlo arrestare. Una “pillola shock” che metteva l’accento sul lato più devastante dell’abuso minorile e cioè la responsabilità enorme e pesantissima che i bambini si assumono, sentendosi colpevoli di qualcosa che altrimenti non sanno assolutamente come spiegarsi e spiegare. Una performance che ha fatto molto parlare (ho avuto la fortuna di avere la presenza e l’apprezzamento anche di Michelangelo Antonioni) e che mi ha confermato l’attrazione del pubblico per tutto ciò che è tabù, esclusivo, fuori dagli schemi precostituiti, qualcosa che conservi la sua peculiarità teatrale/spettacolare ma che suggerisca anche quell’atmosfera magica ed emotiva che si sprigiona nel rapporto diretto dello spettatore con le vibrazioni a caldo dell’attore. Proprio in quel periodo, ero di ritorno da un festival di cinema ad Amsterdam, con il mio primo film Gas, e lì ero rimasto molto colpito dalla famosa zona a luci rosse dove le donne ti accolgono in piccoli “set” cinematografici, illuminati di rosso appunto, e ti guardano con occhi senza fondo, capaci di contenere qualsiasi cosa: il contrasto grottesco tra le risate e la goliardia di chi le approccia e il mondo struggente di quelle signorine è stato immediatamente un richiamo teatrale, di quella “teatralità” che per me è la vera essenza del nostro mestiere. Facile quindi capire come di lì a poco, parlando con Elisabetta, siamo giunti alla conclusione che quelle mie stanzette appartate e quell’atmosfera rossa sarebbero state una perfetta metafora della situazione dell’arte e degli artisti costretti, dalla mancanza di tutela e di un’adeguata gratificazione, a “prostituirsi” per strada: noi gli avremmo dato una casa chiusa e protetta. E così abbiamo dato il via ad un’avventura che dura già da più di 5 anni».

Che rapporto metaforico c’è tra lo spettacolo e il concepimento dell’artista, oggigiorno, come oggetto di “prostituzione” nei confronti dello show-business?

«A questa domanda credo di aver già risposto nella precedente e non ho voglia di addentrarmi nel discorso prostituzione-lavoro: un’equazione che non mi interessa e che non credo sia esclusivamente legata allo show business ma che, anzi, è una piaga generale sia per chi la invoglia che per chi la esercita, in quanto indebolisce profondamente ogni ambizione realmente costruttiva o gratificante per l’essere umano. Una cosa alla quale teniamo molto, Betta ed io, è proprio la “meritocrazia” che ha accompagnato la nostra gavetta e il nostro lavoro, e caratterizza tutti i nostri artisti/prostituti da me selezionati sia dal punto di vista dell’eccellenza umana che di quella artistica. Trovo sia sacrosanto lasciare liberi gli esseri umani anche di prostituirsi se per scelta o, ancor meglio, per puro piacere ma non amo l’idea della prostituzione intesa come scorciatoia per ottenere meriti che spettano a chi si “sbatte” per ottenerli, non a chi si “fa sbattere” per lo stesso motivo».

Dignità Autonome di Prostituzione unisce le atmosfere da bordello retrò a quelle di circo dei freaks, piuttosto che quelle artistiche delle performance. Quale tipo di ambientazione si voleva ricreare nello spettacolo?

«In genere il mio mondo visionario, sia teatrale che cinematografico, viene definito di tipo “espressionista” e devo dire che mi riconosco in questa definizione. Amo giocare con le esasperazioni degli stati emotivi più profondi, utilizzando la parola, con i suoi infiniti sotto-testi, e i corpi, con la loro sensualità e la loro plasticità, per raccontare disperazioni esageratamente sorridenti, pudiche depravazioni ordinarie e malinconica rabbia: il tutto mosso sempre e solo da un’urgenza profonda. In questo spettacolo che sento particolarmente mio, sono completamente libero di creare e giocare senza limiti, se non quelli dell’animo e della poesia. Non amo lanciarmi in vere e proprie avventure come questa, dandomi a priori una strategia di percorso per strizzare l’occhio al successo preconfezionato. Trovo che i contrasti siano alla base della vita, e quindi del teatro, con i loro inquietanti chiaroscuri e la loro stimolante dialettica».

Quanto conta il voyeurismo dello spettatore e l’interazione dello stesso con gli attori? E che tipo di riscontro c’è stato, nel tempo, con il pubblico?

«Tantissimo, conta tantissimo. Il pubblico gode all’idea di sbirciare in una stanza la trasformazione dell’attore nel personaggio, il suo “spogliarsi” degli abiti indossati in pubblico; gode all’idea di profanare un luogo altro come un bagno o un sottoscala e di assistere, nell’intimità di un piccolo gruppo di persone, ad un evento segreto. L’idea è quella di partecipare ad un rito sacro, un sacrificio umano consumato da una gang bang, se vogliamo, ma i risvolti del piacere e del dolore, in questo caso, sono affidati ad un altro organo: il cuore. Gli spettatori/clienti entrano nel Bordello dell’arte per sedurre e lasciarsi sedurre, vengono a “divertirsi” con gli attori/prostituti, a cantare e ballare, e finiscono spesso per ritrovarsi nelle stanze a provare sensazioni forti, invece, a riflettere e a piangere senza pudore: la vera trasgressione, secondo me, oggi».

Lo spettacolo non è erotico, ovviamente, ma allude al mondo del sesso a pagamento. Prendendo dunque spunto da una tematica controversa come questa, cosa pensa più genericamente dell’erotismo rappresentato nella forma artistica (nel teatro come nel cinema piuttosto che nelle arti visive)?

«Lo spettacolo è erotico di riflesso, effettivamente, perché fa leva sulle mises discinte delle mie prostitute e sul gioco erotico, fondamentali nell’approccio della prostituzione ovviamente, ma resta un gioco appunto e non prende mai il sopravvento sul discorso teatrale e le sue infinite possibilità espressive ed emotive. Certo, l’erotismo muove tutto, è ovunque, in qualsiasi nostro gesto o ispirazione e pervade ogni opera d’arte. Un incubo, insomma, ma anche un motore fisico, intellettuale e spirituale ineguagliabile».

In Dignità Autonome appaiono tanti attori maschili quanto femminili, non ponendo il cliché della prostituzione come mestiere perlopiù rosa. Cosa pensa, invece, dell’arte a tematica erotica, nelle sue diverse accezioni, che pone al centro la donna e come crede che, nel tempo, la figura femminile abbia cambiato il suo ruolo nelle opere creative?

«Credo che questa distinzione, ormai, stia cominciando a lasciare il tempo che trova e che la donna si stia appropriando della possibilità di essere “soggetto”, finalmente, e non più solo “oggetto”, com’è giusto che sia. Almeno, questa è la mia percezione. Nel mio spettacolo i prostituti e le prostitute hanno lo stesso identico ruolo, infatti, e le stesse altissime “qualità di prestazione”: non vedo perché privilegiare un genere di spettatore rispetto a tutti gli altri»

Quali sono i prossimi spettacoli in programma?

«Oltre alla messa in scena di Dignità Autonome di Prostituzione a Lecce, dove finalmente lo spettacolo sbarca per la prima volta, con mia somma gioia, grazie al Teatro Pubblico Pugliese e all’interesse dell’Assessore alla cultura, sto lavorando anche al terzo allestimento in due anni di DAdP nel meraviglioso Teatro Bellini di Napoli. Seguirà una nuova tappa romana e un Festival italiano prestigioso che vorrebbe ospitarci per la seconda volta in settembre. In questo momento sono anche in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma (fino al 14 aprile) con uno spettacolo particolarmente ambizioso e complesso ma di altrettanta incredibile attualità: Ricorda con rabbia, di John Osborne con Stefania Rocca, Daniele Russo, Sylvia De Fanti e Marco Mario De Notaris (quattro strepitosi attori di DAdP). Un testo degli anni ’50, manifesto di una generazione, che è ancora il manifesto di chi si scontra con l’arroganza e l’inconsistenza delle convenzioni e delle ipocrisie sociali che non lasciano spazio né consolazione alle persone “profonde e agguerrite, e quindi sole”. Sto poi lavorando ad un progetto del Teatro91 con i detenuti del carcere di Civitavecchia, un progetto molto stimolante e formativo per me, e metterò in scena in anteprima nazionale in agosto un testo spagnolo esplosivo, un thriller psicologico con due nomi di rilievo che preferisco lasciare nell’anonimato, per ora».

dal 10 al 14 aprile

Dignità Autonome di Prostituzione, Teatro Paisiello, Lecce

Info: www.dadp.it

Foto di Tommaso Le Pera

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