Confessioni di una bambola

Rappresentano un’illusione, una dimensione parallela del reale, manipolata attraverso le multiformi traduzioni del vizio e del desiderio. Sembrano donne in carne ed ossa, lascive e civettuole, reincarnazioni perfette di un gusto raffinato e perverso. Ma di carne, qui, non ce n’è davvero traccia e queste splendide ragazze, in realtà, sono bambole. Beatrice Morabito, avvenente artista genovese, le usa proiettandoci dentro tutto il suo mondo interiore, tanto come creativa quanto come donna. Quei corpi algidi e precisi si riempiono così, attraverso scenografie sapienti, un uso delle luci oculato e lo scatto fotografico enfatico ed esperto, dell’erotismo prorompente che sfocia nell’apoteosi della femminilità, attraverso la fragilità, la grazia e l’immortalità dei mannequins.

Le opere di Beatrice Morabito sono una trasposizione di quello che potrebbe essere un diario segreto. Sogni, desideri, sentimenti ed emozioni, invece di essere tenuti sotto chiave, fagocitati da pagine ingiallite, vengono assorbiti da corpi vuoti che, altrimenti, non sarebbero altro che tali. «Spesso i miei lavori mostrano vizi e perversioni – racconta l’artista – e in questo seguo un insegnamento di Freud: gratta il vizio e troverai la virtù, e viceversa. Ecco, io mostro il vizio e forse qualcuno riuscirà a vedere la virtù nascosta dietro di esso. La scelta delle bambole è stata dettata dal desiderio di poter instillare un’emozione in qualcosa che, di per sé, emozione non può avere. Solo le luci e il linguaggio del corpo possono dettare un sentimento, e se esso arriva all’osservatore, allora la bambola, specchio di me stessa, è in grado di diventare donna».

Queste procaci e artificiose ragazze, dalla pelle diafana e dallo sguardo stralunato, possono diventare qualsiasi cosa: mistress o schiave d’amore, prede di corde e nodi o amanti esperte, giovani lolite o incontenibili messaline. Per rappresentare tutto questo le bambole vengono scelte con cura e provengono da ogni parte del mondo. Devono essere duttili, per poterle spogliare del ruolo consueto di giocattolo, e predisporle poi a indossare i panni della sensualità, trasformandole in mezzi utili ad esprimere il controverso e sfaccettato universo femminile. «Scelgo e modifico bambole che possano essere anche erotiche, donne mature e volitive che mi permettano questo gioco di proiezione dei miei desideri in loro» ha continuato l’artista, che pone al centro della sua opera l’erotismo come punto cardine non solo dell’arte, ma anche della vita. Il sesso, infatti, è per lei «una componente essenziale delle persone, è un istinto senza il quale ci saremmo estinti anni or sono».

Le bambole di Beatrice Morabito profumano di Chanel n. 5 e hanno il sapore di fragole e champagne. Sono voluttuose come delle Louboutin portate con disinvoltura, intriganti come un sex toy Lelo, eccitanti come una guepiere di Victoria’s Secret. Sono preziose e raffinate, incarnano sogni altolocati e lussuosi, su cui tutti possono fantasticare, ma che pochi possono raggiungere. Restano immutabili nel tempo, come gli istinti primordiali, le esigenze sessuali ataviche, le perversioni più antiche. Sono i desideri erotici più profondi e consolidati, che serpeggiano sotto il pregiudizio e la buona condotta. Sono la libertà di esprimere la natura umana, un’esplosione incontrollata di piacere senza limite.

info: www.oyster-dreams.com