There must be order è la rassegna video presentata da Lýdia Pribišová alla galleria Ex elettrofonica di Roma. Nove artisti del centro Europa (Slovacchia, Repubblica Ceca, Austria) sono stati scelti dalla curatrice durante la sua residenza a Viafarini Careof a Milano e riproposti qui a Roma. Il tema che collega i lavori è attuale perché si parla della società e dei suoi meccanismi da vari punti di vista ma con uno stesso scopo: la contestazione di un sistema precostituito radicato nel nostro continente. Si riscontra una prospettiva ironica e ludica che affronta con leggerezza i contenuti, seri e profondi. Performance e azioni sono quasi sempre centrali nella realizzazione delle opere.
Matej Gavula con Spiral del 2010 apre lo screening: una biglia scorre in una spirale vorticosa all’interno di una cappa di un lume a significare il ritorno ciclico di eventi; è un lavoro prettamente metaforico. Segue Capital del 2005 di Anetta Mona Chisa & Lucia Tká?ová in cui un’improbabile chiromante prevede il futuro a due giovani donne attraverso le frasi del Capitale di Marx e oggetti come una palla di vetro, un topo finto, un teschio, con evidente ironia e sguardo divertito dell’osservatore. Lucia Nimcová presenta due video: Kiss del 2006-2007 e Double Coding del 2010. Nel primo il montaggio di una serie di immagini tratte dal Centro culturale regionale della sua città natia focalizzano l’attenzione su gesti quotidiani che raccontano la vita durante il comunismo, quando si respirava un clima di forte soggiogamento; il sottofondo è la canzone Kiss di Prince, quasi come fosse un videoclip d’epoca. Nel secondo traccia una mappa di film vietati dal regime che sono resistiti negli anni alla censura.
Meno convincenti sono i due video di Zbyn?k Baladrán Minus ten anarcho-communist minutes del 2012 e All for no reason II del 2012, perché permeati di un concettualismo troppo esplicito. Particolare e intuitivo è l’artista ?ubomír ?ur?ek di cui è esposto Information about hands del 1982: su di un tavolo si incontrano le mani di persone che non si conoscono fra loro e che sono state bendate stimolando il pensiero sulla censura in Cecoslovacchia e dall’altra parte trasmettendo un messaggio di speranza per le relazioni umane. Anna Witt analizza ciò che è permesso e ciò che è vietato nella società in Critical action archive del 2012, mentre in Hoheitszeichen, sempre del 2012, incentra parole scritte e azioni sul concetto di nazionalismo: se da una parte i cartelli sono severi riguardo a questo argomento, dall’altra le immagini di lei che gioca a tirare bandiere arrotolate con persone di un campeggio sono leggere e quasi spensierate. Eva Ji?i?ka affronta l’altro da sé con la volontà di creare dei cortocircuiti comportamentali: in Gratis Punch del 2005 distribuisce punch gratis in un mercatino di natale suscitando le ire dei commercianti, mentre in Seating order del 2008 crea un’azione di disturbo su di un tram facendo spostare di seduta le persone. Nell’ultimo video Move your hands del 2007 di Kamen Stojanov una barbona suona il suo strumento per ricevere l’elemosina disturbata da netturbini che puliscono il muro bianco accanto a lei: l’effetto è comico.
Fino 7 marzo, Ex Elettrofonica, vicolo di Sant’ Onofrio 10, Roma; info: www.exelettrofonica.com