Fino alla punta delle tue dita

Fin dal titolo la nuova mostra di Luca Trevisani, inaugurata sabato 2 marzo, nella galleria Valentina Bonomo di Roma, richiama l’attenzione sull’importanza delle percezioni sensoriali del nostro corpo, ponendo l’accento – in questo particolare caso – sull’estremità di esso a noi fondamentale: le dita delle mani. Fino alla punta delle tue dita è curata da Claudia Gioia e raccoglie diversi lavori recenti dell’artista che è attualmente in residenza al Macro fino a maggio. Luca Trevisani (Verona 1979) si è laureato in storia dell’arte e vive e tra Milano e Berlino. Nonostante la giovane età ha già collezionato diversi riconoscimenti ed esperienze rilevanti: premio Furla per l’arte e una residenza d’artista alla Künstlerhaus Bethanien di Berlino, nel 2007; inoltre è stato vincitore del New York prize all’istituto italiano di cultura a New York, nel 2010. Lo scorso anno è arrivato tra i finalisti della seconda edizione del premio Italia arte contemporanea indetto dal Maxxi, presentando un coinvolgente ambiente immersivo. Il dentro del fuori del dentro, sollecitava a esplorare concetti come l’idea del limite e del confine tra i diversi elementi che compongono la materia.

Come già in quell’occasione, anche in mostra alla galleria Valentina Bonomo, tornano ad essere affrontate le stesse tematiche e, ancora una volta, il binomio guscio dell’uovo /marmo – entrambi materiali di natura calcarea – è stato messo in relazione nella serie di lavori dal titolo ironico Marmomarmelade (2012-13). La scelta dei materiali in tutto il lavoro di Trevisani è accurata e utile a sottolineare la processualità, il mutamento e la metamorfosi, tutte tematiche chiave tanto nel processo creativo in generale, quanto a livello semantico nei suoi lavori, in particolare . All’inaugurazione abbiamo fatto all’artista qualche domanda arrivando a farci rivelare quale sia l’urgenza alla base del suo linguaggio espressivo: prima di tutto una personale ricerca rivolta alla scoperta dell’ identità. Trevisani sottolinea che: «la mutevolezza della materia è la stessa che concettualmente ci appartiene fin nella profondità dell’intimo. Il mio approccio al lavoro – continua l’artista – è spinto da una ricerca continua, similmente a come opera il chimico, per me sono fondamentali i materiali, sia a livello concettuale, sia per il suo precipitato culturale, sia per testarne le reazioni di questi in differenti condizioni».

Il lavori di Luca Trevisani, dunque, vuole far riflettere lo spettatore a considerare la processualità e il divenire, per arrivare ad analizzare le relazioni tra gli oggetti e i materiali e quella del nostro corpo con essi, fino a prendere atto delle varianti incontrollabili legate al caso. Il titolo della mostra, Fino alla punta delle tue dita, spiega l’artista, «è stato scelto per fare leva sull’aspetto scultoreo del mio lavoro, il quale implica una particolare relazione tra il lavoro e il corpo dello spettatore, dove si fa avviene un incontro e si fa esperienza di un bisogno di tipo tattile». Non è la prima volta chel’artista pone l’accento sulle mani, elemento distintivo dell’uomo, che ci permettono di entrare in dialogo con il mondo sensibile e attraverso le quali plasmiamo la materia.

Il creativo nella sua pratica quotidiana, giocando con i materiali, le superfici e le forme, esplora il divenire e sperimenta a partire dalla leggi naturali. Placet eexperiri (2012-2013) , ovvero il piacere di sperimentare, sono una serie di lavori stampati su lastre di alluminio e zinco. Si tratta di paesaggi costruiti sullo scanner con materiali naturali o effimeri, nei quali per la costruzione dell’immagine finale, è fondamentale la relazione spazio temporale. Per questi lavori l’artista, come un demiurgo, dà il via al processo e aspetta che sia il caso di entrare in gioco, di agire e alterare incontrollatamente la sua volontà la composizione. «In questi lavori – spiega Trevisani – entrano in campo diversi gradi di profondità. La superficie è stata scelta perché rende l’immagine stampata quasi un ologramma. A seconda di come ti muovi cambia l’incidenza della luce, dunque anche ciò che vedi, e questo dona struttura all’immagine». È chiaro che il creativo predilige lavorare con la materia per dare spazio a soluzioni inedite; gioca, sperimenta senza timore e freni. Nonostante la varietà di linguaggi e di mezzi espressivi di cui si serve, Luca Trevisani ama definirsi uno scultore per il tipo di relazione e di atteggiamento con cui si avvicina alla materia , oltre che per l’approccio con il quale ritiene debba porsi lo spettatore davanti alle opere. Il suo lavoro procede per tentativi, abituato a sfidare le convenzioni, ci invita a riflettere su questi concetti che presuppongono rischio e consapevolezza, allo stesso tempo.

galleria Valentina Bonomo, via del Portico d’Ottavia, 13, Roma; info: www.galleriabonomo.com

Foto di Sebastiano Luciano