Gli amori infelici non passano

Gli amori infelici non finiscono mai. Potrebbe essere questo il titolo, e il senso, dell’ultimo spettacolo di Riccardo Cavallo in scena al teatro Stanze segrete di Roma: L’eredità di Eszter. Dichiarato omaggio allo scrittore Sandor Marai, la pièce narra appunto di un amore infelice, quello della protagonista verso Lajos: un disonesto col botto, trafficone e sciupafemmine che ha dalla sua, però, la capacità di far battere a Eszter il cuore come nessuno. È lui il grande amore, l’unico della sua vita. Tutto ha subito da quest’uomo istrionico ed egoista, persino il matrimonio con la sorella, senza riuscire a odiarlo o, quantomeno, a distaccarsene. E, ora che questa è morta, vent’anni dopo l’inaffidabile Lajos torna con la figlia di quelle nozze, Eva, per consumare un altro inganno ai suoi danni, l’ennesimo, che lei non saprà rifiutargli nonostante il fratello Laci tenti in ogni modo di dissuaderla. Strani percorsi quelli degli innamoramenti femminili, più strani ancora di quelli maschili, persi dietro agli incanti di passo ma pronti a darsi agli amori che garantiscono eterna affidabilità. Non è certo il caso di zia Eszter che, dopo un’attesa di vent’anni, torna a darsi all’uomo che le ha rubato la vita, e non si sa se la sua sia una semplice resa per debolezza di carattere, opacità intellettuale, o lucida accettazione d’un destino, volontà di punirsi d’aver amato un uomo tanto abietto. Oppure, più semplicemente, folle voglia di darsi, fino alla fine, alla sola follia della vita che meriti d’essere vissuta fino in fondo, dopo gli anni sciupati a sonnambulare in un’apatica sospensione nella grande casa con giardino che rappresenta l’ultima eredità di famiglia.

Quattro figure: Claudia Balboni (Eszter) – suoi anche i costumi di scena – Nicola D’Eramo (Laci), Martino Duane (Lajos) ed Elisa Pavolini (Eva) percorrono a passi misurati i pochi metri quadri di una delle più belle sale teatrali – la più bella, diremmo – di Roma. Quella che più consente di gustare la magia del teatro, l’intimità d’essere a un soffio dagli attori, condividerne pause e respiri, e uscire rinfrancati, anche se non è una commedia leggiadra quella che si è vista ma un classico drammone d’amore, come in questo caso. Teatro minimo, in quanto a spazio, ma enorme riguardo all’impegno, capace di coniugare prosa classica e ricerca stilistica e di cogliere quasi sempre nel segno, dal suo esordio sulle scene romane nei primi anni ’90 con la fondatrice Aurora Cafagna. E in questo solco si inserisce lo spettacolo, dove Cavallo prosegue la ricerca in campo letterario che, dopo Karen Blixen, James Joyce e Virginia Woolf, trae ispirazione dall’omonimo romanzo dell’autore ungherese. Un richiamo, quello alla letteratura e alla poesia da portare in scena, a cui Enzo Coltorti, presidente dell’associazione Logos a cui Stanze segrete fa capo, si è sempre mostrato sensibile. Da segnalare, infine, l’aiuto regia di Annalisa Biancofiore e le foto della nostra Manuela Giusto (vedi galleria sotto).

L’eredità di Eszter, fino al 24 febbraio, teatro Stanze segrete, via della Penitenza 3, Roma. Info 066872690