Tempi di elezioni, tempi di proposte e di richieste. Come quelle che sono arrivate oggi da Roma snocciolate dall’associazione delle istituzioni di cultura italiane, che ha lanciato un monito alle forze politiche con l’auspicio di fare entrare nel dibattito elettorale le sue proposte per riordinare il comparto della cultura, che latita in modo sempre più preoccupante nei discorsi dei candidati alle prossime consultazioni elettorali. Poche linee guida ma molto incisive. Chiedono un’inversione di tendenza sostanziale sia nelle risorse sia nel peso che la politica culturale deve avere nei programmi più generali del paese. La invocano le 97 fondazioni e istituti di cultura italiani rappresentati dall’Aici, con un documento approvato dall’esecutivo nazionale dell’associazione e appena presentato alle forze politiche in lizza per il rinnovo del Parlamento. Tra le priorità, fa notare il presidente Valdo Spini, c’è la convocazione, da parte del nuovo governo, degli stati generali della cultura nonché un ripensamento del ministero dei beni culturali. Non convince l’organizzazione bizantina del Mibac. Secondo Spini un tale punto di riferimento per tutte le istituzioni culturali dovrebbe essere rafforzato nella struttura con una nuova leva di esperti e di tecnici e occuparsi della cultura italiana a tutto tondo, estendendo la sua attività, sul modello di quello francese, anche ai temi della comunicazione e del digitale. Secondo l’Aici, è urgente affrontare in maniera organica la questione della sopravvivenza degli istituti di cultura, delle riviste e del mantenimento delle loro funzioni e servizi; ma anche razionalizzare e ripensare la funzione di supporto del potere pubblico alla sopravvivenza di questi gangli vitali della vita civile ed economica del Paese, anche con utilizzo dei fondi strutturali europei.
Per l’Aici restano anche alcune questioni improcrastinabili. Tra queste, l’eliminazione del pagamento dell’iva sugli acquisti degli Istituti e la riduzione dell’iva per le riviste che scelgano di pubblicare in formato digitale. «Vorremmo che questi temi entrassero a tutto tondo nella campagna elettorale – ha detto Spini – sarebbe già questo un segnale di crescita del dibattito politico nel nostro Paese».