Cinema, risate all’italiana

Un percorso fortunato e in crescita quello di Studio illegale, opera nata dall’esperienza tragicomica di Federico Baccomo, giovane avvocato impiegato fino a poco prima di licenziarsi in uno studio legale, partita come blog poi passata per un libro (pubblicato da Marsilio nel 2009) e infine in uscita oggi nelle sale italiane con ben 340 copie distribuito dalla Warner. La presa di coscienza, o forse solo di buon senso nel mettere la testolina fuori dall’ambito così rigido che caratterizza alcune professioni, ha portato quindi bene all’ex avvocato Baccomo che vede ora le sue gesta riversarsi sul grande schermo impersonate da un sentimentale Fabio Volo, stretto in completi firmati dai colori improbabili, in un’interpretazione decisamente adatta alle sue corde. Il tratto più affascinante che caratterizza la pellicola, che in questo non tradisce a detta del regista Umberto Carteni – qui al suo secondo lungometraggio dopo Diverso da chi? – e dello stesso Baccomo il libro, è un umorismo sottile e tendente al nero (ma purtroppo non troppo e su questo il regista e gli sceneggiatori avrebbero sicuramente potuto spingere di più) tipico dell’approccio nordeuropeo a scapito di una risata forzatamente caciarona e nostrana. «Con gli sceneggiatori prima e con gli attori dopo – ha dichiarato il regista romano Carteni durante l’affollata conferenza stampa – ci siamo divertiti a giocare sui personaggi, buoni o cattivi o che subiscono una trasformazione nel passare da uno stato all’altro, anche insistendo a volte su dei cliché che però ci hanno dato la possibilità di scavare nelle caricature trovando delle particolarità per ciascuno dei soggetti coinvolti». Tutto il film è imperniato da una vena di disinvolta lievità (dietro cui si cela un discreto lavoro di sceneggiatura coordinato da Francesco Bruni), capace di far passare in secondo piano i momenti meno riusciti e più forzati del film come la trasferta a Dubai. Una sana leggerezza presente già dalla tragedia iniziale, che arriva quando ancora scorrono i titoli di testa, ma che rappresenta per il protagonista Andrea l’inizio della sua nuova vita e del parricidio nei confronti del suo cinico superiore interpretato da Ennio Fantastichini, socio anziano dello studio di diritto internazionale, il quale ha detto di essersi ispirato nella costruzione del personaggio all’avvocato Ghedini. «Andrea – precisa divertito Fabio Volo – ha sacrificato la sua vita privata per il sistema lavorativo ma qualcosa sta per cambiare grazie all’incontro con la bella avvocatessa francese della controparte (interpretata da Zoe Felix): ma, in realtà, non compie un vero e proprio percorso di consapevolezza visto che la disillusione è già in lui fin dall’inizio. Nel mio caso è diverso: lavorando su più fronti, cinema, televisione ed editoria, posso permettermi di scegliere solo progetti in cui credo, lavori che mi permettono di esprimere creatività ed emozioni. Fortunatamente questa possibilità me la sono concessa, come linea guida, fin dall’inizio della mia carriera e così facendo riesco a indagare sempre dentro me stesso». Nonostante il film non si spinga troppo oltre la superficie del racconto e per questo si configura come un’occasione mancata, Studio Illegale è un prodotto tendenzialmente godibile, soprattutto nella simpatia che suscitano i personaggi minori, a discapito di quelli femminili un po’ troppo piegati sullo stereotipo belle e stupidine o belle e arriviste, e incartato nella preziosa carta da regalo della ben oliata macchina della Warner che non dimentica neanche di rifinire la pellicola di un’accattivante colonna sonora.

Titolo molto atteso, che doveva uscire già a metà gennaio, è Zero dark thirty, diretto dalla signora degli Oscar Kathryn Bigelow e accompagnato da polemiche dopo l’uscita in patria. Trattando la morte di Bin Laden, il film non ha lasciato indifferenti spettatori, la stampa e molte personalità politiche e governative. La Bigelow sintetizza così il suo ultimo, coinvolgente, progetto, lavorato assieme al suo ex compagno il giornalista premio Pulitzer Mark Boal, che vede come protagonista una giovane ufficiale della Cia: «Volevamo portare sullo schermo la vera storia della cattura. Da essere umano avrei voluto chiudere gli occhi davanti alle atrocità ma come filmaker avevo la responsabilità di documentare e testimoniare». «Ogni riga di sceneggiatura ha una parte di verità – ha dichiarato Michael Hayden, ex direttore della CIA dal 2006 al 2009 – Gli interrogatori erano molto duri ma grazie a questi l’agenzia ha ricavato informazioni rilevanti». Una pellicola che conferma la grande capacità della regista, ex moglie di James Cameron attualmente nelle sale nostrane con Lincoln, di voler e saper affrontare argomenti bollenti con un taglio gustosamente in bilico tra documentazione e drammaturgia e senza mai dimenticare una buona dose d’adrenalina. Sempre da oggi nelle sale Re della terra selvaggia, Cirque du soleil 3D: mondi lontani, Broken city con Russell Crowe e Catherine Zeta-Jones, oltre al giovanilistico zombie–movie Warm bodies di Jonathan Levine.

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