Cinema, tra magia e realtà

«Il berlusconismo è una categoria dello spirito, questo significa che ci porteremo avanti il cavaliere ancora per un po’ di tempo». Si chiude con una battuta amara, che tuona come una profezia, il documentario S. B. Io lo conoscevo bene, firmato dagli autori e giornalisti Giacomo Durzi e Giovanni Fasanella (nella foto), in uscita nelle principali città italiane e distribuito da Kinesis il 5 febbraio. A pronunciarla è Paolo Pillitteri, sindaco di Milano molto vicino a Bettino Craxi eletto nel 1986 e poi ancora nel 1992, testimone più che diretto della nascita e della crescita imprenditoriale di Silvio Berlusconi: “un’anomalia tutta italiana”, come è stato più volte definito, che nonostante la grande quantità di materiale prodotto sull’argomento ancora si fatica a comprendere e digerire. L’intervista con Pillitteri si affianca a quella di altre figure che inizialmente hanno sostenuto l’ascesa del cavaliere per poi, nel corso degli anni, prenderne le distanze. Ex collaboratori e compagni di avventure (tra i quali Vittorio Dotti, uno dei primi avvocati di Berlusconi, Paolo Cirino Pomicino e Paolo Guzzanti, alcuni alti rappresentanti di Gladio, solo per citarne alcuni) impegnati in una testimonianza, che spesso si avvicina a un curioso flusso di coscienza, che si alterna a più o meno note immagini di repertorio ritraenti le gesta di Berlusconi da imprenditore edile fino ad oggi. «Abbiamo concepito il film come un ritratto antropologico – dichiarano i registi Durzi e Fasanella in conferenza – escludendo per esempio il punto di vista giudiziario; pensiamo che più si storicizza un personaggio più il lavoro finale risulti moderno e quindi visibile e comprensibile anche tra parecchi decenni. Il nostro obiettivo era quello di rispondere a due domande semplici ma ancora senza risposta: perché proprio lui? E perché proprio in Italia? La preparazione è stata lunga e attenta, per ciascun intervistato abbiamo selezionato una serie di domande precise. Molti altri che abbiamo contattato non ci hanno risposto o dato il consenso per l’intervista». Qualche nome: Enrico Mentana, Carlo Freccero, Giuliano Urbani, Fedele Confalonieri. Uno spunto su tutti fornisce il documentario, dotato di una marcia in più rispetto ad altre recenti opere del genere: l’aver contestualizzato la discesa in campo di Berlusconi in un determinato momento storico e sostenuta da artefici, imprenditori in primis, che tra il vuoto di potere lasciato forse troppo di corsa da Mani pulite e lo spauracchio per la recente caduta del Muro di Berlino con una possibile conseguente affermazione in Italia della sinistra di Achille Occhetto, hanno pensato bene di far scendere in campo, con il loro beneplacito, l’uomo nuovo. A sentire le testimonianze, in particolare una cena, avvenuta nell’ottobre del 1993, sembra aver deciso il destino del successivo ventennio politico e culturale italiano: al tavolo, tra gli altri, Tronchetti Provera e l’avvocato Agnelli. Ed è proprio quest’ultimo a pronunciare la sibillina battuta, con immancabile erre moscia, «se perde, perde da solo, se vince vinciamo tutti». Ma tutti chi?

Per il pluripremiato regista James Cameron «è un sogno che si avvera»: nelle vesti di produttore esecutivo, lo statunitense è il grande nome che si spende dietro l’operazione Cirque du soleil 3D: mondi lontani. La pellicola, in uscita il 7 febbraio, trasporta sul grande schermo la magia e le incredibili esibizioni dei saltimbanchi del Cirque du soleil, la compagnia circense più importante del mondo con i suoi 3.800 artisti di provenienza internazionale e quasi una decina di spettacoli alle spalle. «Era da un po’ – continua il regista di Avatar – che parlavamo di fare qualcosa insieme in 3D perché non era mai stato fatto. È stata una fortuna lavorare con la famiglia del Cirque, avere a disposizione quel talento per creare esibizioni emozionanti. Poiché le pericolosissime performance degli artisti richiedono incredibili abilità e coraggio, abbiamo ritenuto importante mostrare nel film i cavi e tutto quanto serva a supportare quell’abilità umana. Abbiamo piazzato le nostre dieci telecamere 3D e abbiamo cominciato a riprendere». Zero dialoghi e una miriade di input visivi, sottolineati da una colonna sonora rassicurante come lo possono essere le hit di Beatles, per raccontare la discesa della protagonista, una novella Giulietta Masina come nella Strada con capello corto e occhioni sgranati, nella tana del Bianconiglio per un viaggio lisergico nel paese delle meraviglie all’inseguimento del bel trapezista dal fisico scultoreo risucchiato in un mondo di scenografie roboanti e coreografie ai limiti dell’impossibile. «Non abbiamo voluto mostrare gli effetti speciali ma esaltare la pura fisicità, il talento umano e la straordinaria abilità degli artisti», precisa Cameron. Tuttavia se c’è qualcosa che non torna dopo la visione è proprio l’effetto posticcio, che paradossalmente in questo caso il 3D contribuisce ad accrescere, il quale fa si che la reale efficacia delle imprese mastodontiche dei bravissimi circensi venga un po’ appiattita. Il risultato, insomma, vira verso un’estetica da videogioco che non rende giustizia alle capacità dei protagonisti che, forse, solo dal vivo riesce veramente a venir fuori in maniera assolutamente coninvolgente.

Per chi ama gli adattamenti letterari e i grandi film in costume c’era grande attesa per Les misérables di Tom Hooper (già regista del Discorso del re), basato sull’omonimo musical tratto dal celebre romanzo di Victor Hugo. Un cast d’eccezione (Amanda Seyfried, Hugh Jackman, Anne Hathaway, Russell Crowe) per la pellicola, in uscita oggi, che però non sembra convincere la critica nostrana, complici ben 150 e passa minuti di canzoni accostati alla sostanziale mancanza di idee. La brava Naomi Watts ha ricevuto la sua seconda candidatura all’Oscar per The impossible, il film di Juan Antonio Bayona, da oggi nelle sale, che racconta il devastante tsunami del 2004 visto attraverso le vicende reali di una famiglia. Accanto alla bionda interprete, nei panni del medico Maria Belon, Ewan McGregor per un film che paga con un sottile proselitismo la voglia di spettacolarizzare una tragedia.

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