Estetica dell’omosessualità

Ormai potrebbe non sembrare più un tema scomodo da affrontare, soprattutto in arte. Eppure l’omosessualità, maschile o femminile che sia, nonostante venga rappresentata in tutte le salse dalla notte dei tempi, rimane uno degli zoccoli duri da abbattere, uno dei tabù più difficili da digerire. Alla galleria milanese Camera 16, dal 31 gennaio, è in mostra Fuck taboo. Il tema principale, per l’appunto, è l’omosessualità, concepita in ogni accezione possibile e immaginabile. Talvolta espressione di artisti omosessuali, talaltra manifestazione ed emancipazione di una fetta consistente della società, l’arte che affonda le sue radici nell’estetica e nell’esistenzialismo gay resta di grande impatto visivo ed emotivo. Create senza pudore, limite e morale, le opere indaganti il mondo omosessuale imbarazzano, scandalizzano, qualche volta disgustano. Spesso impera la rappresentazione dello squallore, in un vortice di iperrealismo che spesso, poi, non è nemmeno così reale. È ciò che la società perbene vede, ciò che si è insinuato come luogo comune. E da qui la critica a quello che è in primo piano, alla superficialità di occhi poco attenti, di menti poco recettive, di cuori troppo occupati a giudicare per saper ascoltare un’altra forma d’amore, un differente modo di vivere la sessualità. «Ho scelto di fare questa mostra per sondare a viso aperto una tematica di cui si parla malvolentieri se non tramite commenti da stadio» – ha detto il curatore di Fuck taboo, Carlo Madesani – artisti gay che parlano di omosessualità e un paio di omaggi etero sull’argomento: questa è una mostra di ricerca. È una mostra che nasce dalla curiosità di vedere quale atteggiamento possa scaturire. Purtroppo di aspettative non ce ne sono molte, vedendo il mercato italiano».

Tra gli artisti in mostra, uno degli esempi più estremi è Bruce La Bruce, regista, fotografo, scrittore e sceneggiatore canadese, che decide di revisionare, nella sua opera, il classico nudo maschile in un’accezione davvero scioccante. I suoi modelli hanno segni sulla pelle, mutilazioni, menomazioni, ma anche il pene in bella vista, eretto e imponente. Un erotismo controverso, quello omosessuale, che subisce qualsivoglia tipo di difficoltà, di censura e di orrore, ma che mantiene una vitalità, un’istintività del tutto naturale, che non si sopisce sotto i colpi delle angherie del conformismo sociale. La Bruce usa toni assolutamente queercore, mescolando la pornografia pura all’arte, un sopraffino mix dedicato ad attivare una rivoluzione sessuale che oggi, sempre più, si incanala nelle vie dell’ordinario. La tendenza degli artisti che nella loro opera hanno posto l’attenzione al mondo gay è quella dell’eccesso, più che dello smorzamento dei toni violenti. È l’aggressività, il mettere sul piatto tutto quello che c’è da vedere, nudo e crudo, seppur fastidioso. Non importa, perché è ciò che le persone vogliono vedere. Ed è anche il migliore strumento critico che, ad esempio, il duo italoamericano Lovett-Codagnone utilizza nelle sue rappresentazioni omoerotiche. Stanze simili a quelle di un bordello, in cui due uomini mascherati si improvvisano in squallidi giochini sadomaso, goffi e malfatti, a tratti persino ridicoli. È lo stereotipo di un mondo gay fatto solo di trasgressione e sfrontatezza, una critica feroce, dunque, a metri di giudizio poco reali, a frustini e vertiginosi tacchi che funzionano bene nella fantasia comune, ma che trasposte poi nella vita vera, ordinaria e quotidiana, appaiono in un modo tutt’altro che seducente. Irreali, quindi, come uno stereotipo. Artisti come Jacopo Benassi e Nicola Guiducci non usano mezzi termini e anche loro, dotati di questa vena reportagistica che li porta a non lesinare su alcun dettaglio, fotografano coiti più o meno affollati, in corso d’opera o già conclusi, nei particolari più scioccanti che rendono questi scatti testimonianze pornografiche di atti d’accoppiamento, nonché ritratti di ciò che è nella natura stessa dell’uomo, senza finzione ed eccesso: il sesso, puro e semplice.

Anche l’eleganza, però, può far parte di tali opere e Gianpaolo Barbieri ne è un esempio. La sua fotografia di nudo, rigorosamente in bianco e nero, racconta i due lati della medaglia dell’erotismo, quello fatto di passione e romanticismo, e quello trasgressivo, fatto di mascherine e congegni che stimolino la fantasia, e non solo. Largo spazio viene dato alla fisicità, ai corpi scolpiti, ai membri importanti, in scatti studiati e perfetti, che lasciano trasparire un amore incondizionato per la bellezza e la sensualità. Federico Luger, invece, indaga il tema dell’omosessualità femminile, tabù probabilmente ancora più forte, attraverso uno strumento d’eccellenza: la cultura giapponese, portabandiera di un’emancipazione sessuale esplicitata soprattutto negli hentai, i fumetti erotici nipponici. All’interno della mostra sono presenti anche le opere di Larry Clark, fotografo e registra, noto alla cronaca in tempi recenti per aver vinto il premio principale al Festival del cinema di Roma con il suo ultimo lavoro Marfa girl. Clark cambia il medium, ma il suo messaggio di fondo con varia. La sua ricerca è sempre incentrata sugli adolescenti, sui turbamenti e le problematiche degli anni più belli e più difficili, fatti di disagio, droga, voglia di libertà, periferia, degrado. Il tutto condito da imponenti dosi di esperienze erotiche giovanili, etero e omosessuali, descritte in tutta la loro ingenuità e malinconia. Una realtà che Clark indaga senza indugio alcuno, nel cinema come nella fotografia. La ricca esposizione milanese ospiterà anche le opere di Lisetta Carmi, Marta Dell’Angelo, Neal Fox, Daniele Galliano, Fausto Gilberti, Paolo Gonzato, Kenny Kenny, Kings, Noritoshi Hirakawa, Yasumasa Morimura, Zanele Muholi, Fabio Paleari, Giuseppe Stampone, Wolfgang Tillmans.

Dal 31 gennaio al 30 marzo (inaugurazione 30 gennaio, ore 19), Camera 16, via Pisacane 16, Milano

Info: www.camera16.it