Quando il mondo ecclesiastico non capisce l’arte contemporanea

La recente rimozione della cattedra di Kounellis (nella foto) dalla cattedrale di Reggio Emilia pone ancora una volta il problema dell’inserzione di arredi liturgici contemporanei in contesti antichi. Sotto la stessa ghigliottina era già caduta la croce in bronzo dorato di Hidetoshi Nagasawa. Il gesto di togliere elementi così importanti in un progetto unitario di adeguamento, quando tutto l’iter è stato rigorosamente vagliato e approvato dall’allora vescovo della città monsignore Adriano Caprioli, dal comitato della cattedrale, che ha finanziato le opere, dalle commissioni diocesane preposte, dalle soprintendenze, dalla direzione regionale beni culturali, e dallo stesso ministero per i Beni culturali che si è espresso con toni decisamente positivi verso tutti gli interventi degli artisti (Spalletti, Nagasawa, Parmiggiani, Kounellis), pone serie domande: Come interpretare simili rimozioni? Perché nessuno si scandalizza piuttosto della paccottiglia che sfigura le nostre chiese? Perché non si interviene per protestare, quando si compromettono spazi antichi di straordinaria bellezza? Perché ci si affida solitamente a professionisti dell’amatorialità e del fai da te che producono lavori devastanti? Purtroppo sembra che la chiesa abbia oggi rinunciato a interpellare veri artisti – forse per la novità del loro linguaggio o per la loro capacità critica di interpretare il tempo presente – per rifugiarsi in un’improvvisazione senza precedenti. Se il mondo ecclesiale parla di bellezza come porta di accesso al divino, non si comprende perché poi si promuova la bruttezza e il cattivo gusto, il tutto immerso spesso in un sottile porno-soft. Povera arte sacra. Da Giovanni Gasparro a Oleg Supereco, da Roberto Ferri a Rodolfo Papa, ci sentiamo a disagio in un mondo vuoto e artificiale, accademico e falsamente ingenuo con brani di pessima pittura. Perché allora, quando un artista riconosciuto come Kounellis realizza un’opera che, elaborata dopo un lungo percorso, discussa e approvata dallo stesso vescovo, è stata accolta come tra gli esempi contemporanei più significativi di arte liturgica, è poi stata rimossa? Resta un mistero. Qualunque risposta diamo a questi interrogativi, di certo, è il segnale di un mondo sempre più autoreferenziale, chiuso su stesso, che rischia di percorrere strade dirette verso un vicolo cieco. Segno di un’incapacità di vivere il tempo presente.