Prime visioni in sala

Il nuovo anno non lascia gli amanti del cinema a bocca asciutta e, dopo essere partito con il piede giusto grazie alle uscite della Migliore offerta e The master, promette di non deludere l’onnivoro pubblico delle sale già deliziato dallo sbarco Cloud atlas, la nuova pellicola diretta dai registi della trilogia di Matrix Andy e Lana Wachowski, in collaborazione con il tedesco Tom Tykwer. Ispirato al romanzo di David Mitchell, Cloud atlas è un film che vuole raccontare, attraverso uno stile alchemico e fantasmagorico, la storia dell’umanità racchiudendone gli avvenimenti in una trama fitta che vede ogni uomo legato all’altro. «Le nostre vite non ci appartengono – recita il refrain del film – Siamo legati agli altri. Passato e presente, e da ogni misfatto e ogni cortesia si crea il nostro futuro». L’attesa maggiore riguarda le pellicole firmate da Quentin Tarantino e Steven Spielberg, il western pulp Django Unchained in uscita il 17 gennaio e il film biografico Lincoln nelle sale dal 24 gennaio. Ispirato al Django di Sergio Corbucci del ‘66 con Franco Nero, il remake di Tarantino è ambientato nel Sud degli Stati Uniti due anni prima dello scoppio della Guerra civile. Django (Jamie Foxx) è uno schiavo assolto dal cacciatore di taglie dottor King Schultz (Christoph Waltz). Lo stesso Schultz aiuterà Django a trovare e liberare la moglie Broomhilda (Kerry Washington), schiava in una famigerata piantagione di Calvin Candie (Leonardo Di Caprio). «Rispetto al Django di Corbucci – ha dichiarato il regista statunitense in occasione della conferenza stampa romana – il mio lavoro si occupa di razzismo in maniera più ampia, ho cercato di raccontare il mio western in modo assolutamente personale. Per farlo ho dato vita alla figura del mentore: l’europeo bianco Schultz che insegna il mestiere allo schiavo nero Django. Il primo che capisce la schiavitù a livello intellettuale e non emotivo, il secondo invece lo comprende con l’istinto, la violenza». La storia sociale e politica dell’America del Nord è anche al centro del nuovo film di Spielberg, fresco di dieci nomination agli Oscar inglesi, che porta sul grande schermo la parabola del sedicesimo presidente degli Stati Uniti, ucciso il 14 aprile 1865 da un colpo di pistola, che si adoperò per abolire la schiavitù. Ad interpretare Lincoln è Daniel Day Lewis catturato dalla cinepresa durante gli ultimi mesi da presidente in carica. Dalle reazioni entusiastiche ricevute in patria, la pellicola si preannuncia come un kolossal in cui la figura del protagonista Lincoln ne esce esaltata: Spielberg lo definisce infatti «il più grande presidente, raccontato mentre realizza il suo lascito storico più importante».

Si cambia genere e soprattutto ci si allontana dalla potenza mediatica delle due citate pellicole con i film, entrambi in sala dal 17 gennaio, Qualcosa nell’aria di Olivier Assayas e Frankenweenie di un datato Tim Burton. Assayas si cala nella Parigi inizio anni ’70 per filmare Gilles, un giovane liceale preso dall’effervescenza politica e creatrice del suo tempo e che, come i suoi compagni, esita tra un impegno radicale e delle aspirazioni più personali. Passando da relazioni amorose a rivelazioni artistiche, in un viaggio che attraverserà l’Italia e finirà a Londra, Gilles e i suoi amici dovranno fare scelte decisive per trovare se stessi in un’epoca tumultuosa. Passato all’ultima edizione del festival del cinema di Venezia dove ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura, Qualcosa nell’aria si presenta come una pellicola in parte autobiografica dato che il regista ha vissuto il periodo in prima persona. «Non faccio dei film a tesi – ha dichiarato Assayas in Laguna – descrivo un’epoca esistita e una certa fede nel futuro. Da quegli eventi, che ho voluto rendere nel modo più fedele possibile, ciascuno può cogliere il proprio messaggio. Non penso che il cinema sia un mezzo di comunicazione, penso sia un’arte». Frankenweenie è un film d’animazione del 2012, diretto dal visionario Tim Burton. In stop motion e 3D, il film è l’adattamento del cortometraggio omonimo, realizzato dallo stesso Burton nel 1984 e che già conteneva molti degli elementi narrativi e stilistici che avrebbero reso celebre e riconoscibile lo stile Burton. La trama è semplice ma riserva sorprese: Victor e il suo amico quattro zampe Sparky sono inseparabili. Quando il cagnolino viene investito da un’automobile, Victor, da sempre appassionato di fantascienza, decide di riportarlo in vita a modo suo: il nuovo Sparky ha però fattezze mostruose e il ragazzo sarà costretto a nasconderlo in casa per non destare sospetti. Martedì 15 gennaio è possibile vedere, al cinema Kino di Roma e in contemporanea al cinema Apollo 11, il film Noi non siamo come James Bond di Mario Balsamo e Guido Gabrielli, recentemente vincitore al Torino film festival del premio della giuria presieduta da Paolo Sorrentino. A entrambe le presentazioni intervengono il regista del film Mario Balsamo, il regista e direttore della Scuola Volontè Daniele Vicari e il presidente del Centro sperimentale di cinematografia Stefano Rulli.

 

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