Solo prostitute e bordelli

Il mestiere più antico del mondo ha da sempre suggestionato gli artisti. Caravaggio fu un precursore: la sua modella preferita si chiamava Anna Bianchini, professione: prostituta. Annuccia, questo il suo nomignolo, interpretò con disinvoltura il ruolo della Maddalena e della vergine, costituendo in questo una peculiarità del celebre pittore. Ma Michelangelo Merisi non fu di certo l’unico a lasciarsi suggestionare dalle meretrici dell’epoca, che erano indubbiamente preziose modelle per il loro basso costo e per l’assoluta assenza di pudore. Lo sapeva bene Pablo Picasso, ad esempio, che ritrasse cinque prostitute di un noto bordello di Barcellona nel suo illustre Les demoiselles d’Avignon, una perla dell’arte novecentesca.

Ma le venditrici d’amore erano anche più di semplici modelle, più di corpi vuoti ed economici disposti a farsi cucire addosso i ruoli più disparati. La loro vita, le scene d’amore ed erotismo, le difficoltà, i clienti, gli ambienti in cui spendevano la loro quotidianità, avevano quel fascino che oggi si potrebbe definire neorealistico, ma che nell’Ottocento aveva il sapore dolceamaro del torbido e del proibito. Henri de Toulouse-Lautrec fu tra i massimi esponenti in tal senso. Dipinse i bordelli in cui trascorreva lunghi periodi come ospite, amava girovagare per i cabaret di Montmartre, per le sale da ballo, per i teatri. Nell’oscurità di un angolo fissava scene di vita vera, con obiettività e meticolosità, documentando un pezzo di storia oggi oramai scomparso in tali termini. Atmosfere che possono essere rivissute solo attraverso il ricordo, la fantasia e l’arte.

Gildo De Bonis, in mostra fino al 15 gennaio all’hotel Pirandello di Roma, riprende la lezione di Lautrec, rivisitandola in una chiave moderna, attraverso le suggestioni dell’immaginazione. Nelle sue opere, infatti, è possibile rivivere scene da bordello, più o meno spinte, raffigurate attraverso la cura spasmodica del dettaglio. Le stoffe, gli arredi, le persone: tutto sembra risalire adun’epoca ormai sparita, rimasta solo nella memoria storica di chi, in quei bordelli, c’è stato davvero. «Le opere erotiche esposte – racconta Gildo De Bonis – che comprendono lavori grafici, a china e formali, raffigurano per lo più bordelli ottocenteschi. La loro rappresentazione nasce, in primis, da un mio interesse personale per le scene d’interno. Su questo tipo di ambienti ho giocato molto di immaginazione, prendendo spunto dalla memoria storica dei nonni, ad esempio. Gli interni che rappresento sono dettagliati ma nascono perlopiù dalla mia fantasia».

Perché anche il modo di concepire la prostituzione, nel tempo, è cambiato. Il mestiere più antico del mondo, infatti, ha trascorso epoche d’oro, dove le cortigiane più in vista avevano perfino importanti ruoli sociali. Ovviamente, ciò si affiancava a una realtà altra ben diversa, fatta di bettole sudice e avventori poco rispettabili. Ma il bordello esisteva e aveva indubbiamente il suo fascino. Riproporre tali scene con così tanta forza ha però un chiaro intento: «Il messaggio che voglio mandare – continua l’artista – è contro lo sfruttamento della prostituzione, ciò che poi avviene qui in Italia. Nell’agosto del 1948 la senatrice Lina Merlin presentò un disegno di legge con cui vennero abolite le case chiuse nel nostro paese. Credo che l’unico modo per evitare la diffusione di malattie sessuali, il pagamento delle tasse, il controllo e la consapevolezza dell’esercizio di tale professione, sia la riapertura delle case».

Gildo De Bonis, artista romano proveniente dalla pittura paesaggistica, dipinge anche scene piccanti aggirando la volgarità. Se un’immagine è troppo forte, essa viene celata da schizzi di vernice che ammiccano alla scuola Jackson Pollock. «Nel compimento di queste opere ho rappresentato anche scene pornografiche ma evitando l’impatto volgare che le stesse avrebbero potuto potenzialmente avere – racconta De Bonis – così ho camuffato le immagini forti con degli schizzi di vernice. La scena non è percepibile direttamente e chi vuole trovarla deve necessariamente cercarla». Questa operazione è visibile nell’opera Lady Godiva, dove celatamente si intravede una donna posseduta da due uomini contemporaneamente. Scene esplicite che vengono, dunque, ridimensionate, evitando la volgarità, che non sussiste, invece, nelle opere più formali, dove la delicatezza dei corpi nudi delle cortigiane, la pacatezza delle ambientazioni, la tranquillità delle atmosfere, riesce a far apprezzare esclusivamente una piacevole e frizzante venatura di un erotismo dal sapore retrò, al centro della poetica dell’artista. Una giocosa sensualità patinata, gradevole allo sguardo, pulita e godibile, che ristabilisce quel ruolo importante che le prostitute ebbero in passato, celebrandole come muse intramontabili di affascinanti artisti e icone irresistibili di una sensualità lasciva, perversa e indubbiamente impareggiabile.  fino al 15 gennaio

Hotel villa Pirandello, via Antonio Bosio 15B, Roma

info: www.villapirandello.it