Lazio, idee per la cultura/1

Quale spazio per l’arte contemporanea? Quale ruolo per la cultura nella nuova giunta che da febbraio sarà alla guida della regione Lazio? In attesa delle amministrative, i protagonisti del settore hanno chiesto a Nicola Zingaretti, il candidato del centrosinistra e segnatamente del Pd, di dire la sua sul sistema delle arti contemporanee. Associazioni, galleristi, fondazioni, artisti e operatori del settore si sono incontrati negli spazi della fondazione Cerere, a Roma, per confrontarsi con l’attuale presidente della provincia. Di seguito e a cadenza giornaliera pubblicheremo una sintesi degli interventi, per dare un quadro dei desiderata dei protagonisti e nel complesso – è il caso di dirlo – dello stato dell’arte nella nostra regione. A seguire il primo di Fabrizio Russo, direttore della galleria omonima. L’intervento di Zingaretti può essere scoltato direttamente qui. Ringraziamo Marcello Smarrelli, la fondazione Cerere e Vocazione Roma per la disponibilità. M. Z.

Buongiorno a tutti voi vi ruberò solo pochi minuti di attenzione gettando dei piccoli semi che mi auguro nel prossimo futuro potranno dare i loro frutti. Sono Fabrizio Russo titolare della galleria Russo, attiva a Roma dal 1898, dicono, che la galleria che ho l’onore di dirigere è la più antica d’Italia, ma questo non aggiunge nulla a quello che sto per dire. Cosa è il sistema dell’arte oggi nel mondo? Potremmo forse dire che una serie di essenziali protagonisti spesso, troppo spesso assoluti, riuniti per ottenere un obbiettivo? Grandi case d’asta, gallerie internazionali, finanziatori di primo livello, direttori di importanti musei, famose prime penne di storiche testate, artisti spesso giovanissimi trasformati in superstars in poche stagioni e dulcis in fundo istituzioni governative. Ebbene, credo che il sistema internazionale dell’arte oggi sia proprio questo. E allora la domanda che vi pongo è la seguente: quale è oggi il sistema dell’arte in Italia? Non voglio assumermi in questo contesto la responsabilità di una risposta che inevitabilmente porterebbe a una resa incondizionata. No, non voglio neanche pensarlo, non dobbiamo neanche pensarlo.

Certo, oggi dovremmo avere: in primis le istituzioni da tanto, troppo tempo assenti, indifferenti al mondo della cultura in senso lato e ancor più alla cultura delle arti visive. «Con la cultura non si mangia», ve le ricordate le illuminate parole di un protagonista assoluto della vita politica degli anni scorsi? Oggi le istituzioni dovrebbero procedere rapidamente a una rivalutazione del concetto cultura – impresa. Allora, cos’è la cultura? A mio avviso è il decantato della storia di un popolo, quello che rimane nei secoli, ciò che lo caratterizza e lo identifica a prescindere dal peso politico economico del momento. Quale paese, se non quello italiano avrebbe dovuto, deve e dovrà recuperare l’idea che la politica dei beni culturali è e sarà sempre fondamentale per il sistema? Una politica che dovrebbe all’estero trasformare nel tempo i tanto “mitici” quanto inutili, istituti di cultura in veri e propri spazi espositivi dinamici atti a proporre i nuovi veri protagonisti del mondo dell’arte in Italia, ideali trampolini di lancio per spazi istituzionali ben più prestigiosi, e non a proporre altro, tanto altro.

Una politica che dovrebbe al tempo stesso attivarsi per diffondere nel mondo, guadagnando, anche cifre inimmaginabili, l’immensa universalità della storia italiana nei secoli. Alcuni di voi sapranno certamente che nel 2007 il Louvre siglando un accordo con il nascente Abu Dahbi – Louvre, per la cessione del marchio, e una serie di prestiti di opere delle quali ogni anno il dieci per cento ne era previsto il rientro a casa, ha intascato la bellezza di 850 milioni di euro. Con la cultura cari amici si mangia, eccome se si mangia. E i Capitolini e palazzo Borghese e palazzo Altemps, la Corsini, e il Colosseo? Tanto per avvicinarmi a Roma e alla regione e quindi al motivo del mio piccolo contributo, non si accordano per proporsi all’estero? Non registrano un marchio internazionale che rimandi alla città del tipo: musei di Roma in previsione di un’operazione analoga al blasonato museo parigino? Per non parlare dei prestiti dei nostri capolavori nel mondo: siamo tra i pochissimi se non gli unici che non li fanno pagare. Finora solo chiacchiere e perdite di tempo, speriamo nel futuro.

Ma veniamo alle mie folli proposte praticamente tutte a costo zero, considerando le esangui casse dell’amministrazione. I cinesi, oggi tanto in voga, usano dire: «I grandi viaggi iniziano da piccoli passi». E allora:

la regione potrebbe organizzare con l’aiuto sincero e schietto di addetti ai lavori, un vero e proprio itinerario di spazi istituzionali sul territorio dove far transitare mostre antologiche, eventi, performance e via dicendo, smontandole da uno spazio e trasportandole in un altro con il solo costo del trasporto e dell’allestimento. La pubblicazione e la comunicazione infatti sarebbe unica per tutte le manifestazioni;

offrire alle gallerie del territorio, quasi tutte in fortissima difficoltà, la possibilità di piccoli aiuti, in occasioni di fiere all’estero. Personalmente sono di ritorno dalla fiera di Istanbul dove ho portato avanti una testimonianza italiana unitamente a due colleghi che avevo precedentemente coinvolto: un bellissimo successo. Se avessi avuto la possibilità di usufruire di un contributo anche poco più che simbolico ne sarei stato veramente felice e mi sarei sentito idealmente affiancato e riconosciuto dal nostro paese. In altre parole, credo che fondi esistano, ma è molto difficile accedervi sia per mancanza di comunicazione, sia per complessità burocratiche e in questo la regione potrebbe avere un ruolo molto importante di aiuto e di affiancamento all’imprenditore;

riconoscimento in denaro al giornalista che meglio si è occupato delle mostre nelle gallerie durante l’anno. Con premiazione in prestigiosi spazi istituzionali. Il ritorno del critico itinerante, che meraviglia. In questo modo, si riotterrebbe l’essenziale attenzione da parte del pubblico al mondo delle gallerie e degli artisti giovani, meno giovani, moderni o antichi. Si potrebbe in quest’ottica chiedere agli editori di restituire, veramente questa volta, la mitica terza pagina di longanesiana memoria, dove attraverso le pagine dei quotidiani i critici, assoluti protagonisti del nostro mondo, si affrontavano con terribili stroncature o difese appassionate. Idee romantiche? Forse, ma non impossibili, soprattutto con la presa di coscienza dell’attuale momento drammatico;

un’antologica di quello che è stato proposto in città negli ultimi due anni da parte della galleria comunale. So bene che il Macro è la galleria comunale di arte moderna e quindi non regionale ma comunale, e come tale con una periodica cadenza dovrebbe esser almeno moralmente tenuta a fare una panoramica di quello che succede in città, o nella regione, e non limitarsi per lo più a proporre artisti stranieri, cadendo alla fine in un provincialismo esasperato e pericoloso; alla regione, ergo, il compito di colmare la grave lacuna;

aprire un costante tavolo di comunicazione con l’unica associazione nazionale di categoria fondata ormai nel lontano 1964. A questo proposito, voglio specificare, e chiarire una volta per tutte, sebbene molti cercano di dimenticarlo, che esiste da tempo l’Associazione nazionale gallerie arte moderna e contemporanea, che annovera gli spazi piú importanti e blasonati del paese e si occupa degli interessi della categoria. Allora, perché non consultarla, confrontarsi in modo periodico e costante? Capire quali sono le vere esigenze oggi drammatiche del settore invece di affidarsi sempre a singoli promotori, sedicenti mecenati, attivissimi critici, realtà che spesso fanno mercato privato?

La situazione è gravissima, credetemi. Pensate che dal 2010 al 2015 potrebbero chiudere il 70% delle gallerie del territorio. Sono numeri preoccupanti anche perché immaginatevi un mondo della cultura senza gallerie: gli editori avrebbero grandissime difficoltà ad andare avanti senza l’indispensabile apporto pubblicitario, i critici non avrebbero più legittime e sacrosante parcelle per le curatele, gli artisti non solo non avrebbero soddisfazione economica ma neanche spazi in cui proporsi. La famosa ricerca tramonterebbe prestissimo e prima di ricreare una sufficiente rete di mercato passerebbero almeno vent’anni. Vi immaginate voi il vuoto di proposta? Personalmente cerco di non farlo: saremo circondati, no, conquistati molto più di oggi da artisti stranieri, bravissimi ma molto spesso non molto migliori dei nostri. Caro Nicola, ho finito e senza prendermi troppo sul serio ti dico con affetto: hai voluto la bicicletta? E mò pedala. Ti aspettiamo all’arrivo certi del tuo successo.

Fabrizio Russo titolare della galleria Russo e delegato territoriale per il Lazio e centro sud per l’Associazione nazionale gallerie arte moderna e contemporanea

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