Time after time

Probabilmente anche di conseguenza alla crisi del mercato artistico italiano, la galleria Ronchini, lo scorso febbraio, ha aperto una succursale nel centrale e lussuoso quartiere londinese di May fair, seguendo il trend di altre gallerie della nostra penisola. Il 6 settembre scorso, nella nuova sede britannica, è stata inaugurata la mostra, dall’interessante taglio di ricerca, dal titolo Time after time: parallels between young american artists and italian masters, realizzata grazie alla cura di Artnesia. Proprio in conformità al gusto e all’esperienza della galleria, la mostra in corso rappresenta un ponte ideale tra i maestri dell’arte italiana – che hanno operato tra gli anni ‘50 e ‘70 del secolo scorso – e giovanissimi artisti americani che, anche a distanza di tempo, sembrano dimostrare di lavorare in continuità formale e stilistica con i loro predecessori. La mostra crea così un parallelismo tra due generazioni di artisti: Michelangelo Pistoletto, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Dadamaino, Piero Dorazio, Mario Schifano, Paolo Scheggi; e gli americani: Sam Falls, Andrew Brischler, David Mramor, Davina Semo e Rebecca Ward.

Nonostante la distanza tra i due gruppi sia non solo anagrafica, ma geografica e culturale, la mostra mettere in luce quanto l’arte italiana, soprattutto quella conosciuta in tutto il mondo come arte Povera, abbia influenze sulla giovanissima generazione di artisti americani tra i venti e i trent’ anni. Il movimento Italiano dell’arte Povera, sviluppatosi a ridosso della fine della seconda guerra mondiale, si caratterizza per lo svincolarsi dall’astrazione pura in favore di un rinnovamento dei materiali e delle tecniche, aprendosi alla sperimentazione con un approccio tendenzialmente di avanguardia. Gli artisti statunitensi, nelle loro composizioni, fanno riferimento a quel movimento attraverso l’utilizzo di materiali semplici e artigianali. I lavori di Andrew Brischler (1987), per esempio, sono densi di elementi provenienti dalla cultura popolare e della musica pop, oltre che dal minimalismo, dall’espressionismo astratto e dall’arte Povera; si tratta di dipinti che mettono in discussione questa storia dell’arte, tanto quanto l’abbracciano. Sam Falls (1984), espone la sua ultima serie di lavori dove fa uso reti da giardino su superfici di legno, lasciando che sia il sole a creare una griglia sulla superficie. Le composizioni che ne risultano ricordano i Reticoli (1959-1961) di Piero Dorazio (1927-2005) tramite i quali l’artista tentava di creare una nuova forma di pittura utilizzando colore e luce. Per le sue sculture Davina Semo (1981) fa riferimento al mondo postindustriale, utilizzando materiali come specchi, catene e vetri infrangibili con l’aggiunta di cemento e pittura spray, come in I look out there and wonder how people get by (2012). David Mramor (1984), invece, utilizza immagini come superfici dei suoi quadri, generalmente manipolate in digitale. Tramite una pittura di tipo gestuale, collage di materiali, disegno e adesivi, delle immagine originali rimane solo il titolo.

Rebecca Ward (1984) realizza delle installazioni con il nastro adesivo lavorando principalmente sul colore e lo spazio. In mostra il nastro adesivo aderisce al soffitto, ai muri e al pavimento convergendo con l’architettura della galleria. È lo spettatore che attiva il gioco di colore, di materiali e luce, a seconda dei suoi movimenti. Nell’opera Sister wives, è evidente un forte rapporto con il lavoro di Dadamaino (1935-2004). Infatti la costante ripetizione di segni di Dadamaino può essere paragonata al modo in cui la Ward toglie da una tela grezza fili verticali in alternanza. Invece l’uso del sacco, nell’opera Eyes of texas , della stessa artista, richiama alla mente le opere di Alberto Burri (1915-1995). I curatori, Carlo Berardi e Jason Lee, hanno sviluppato il concetto della mostra a partire da una frase di Alighiero Boetti scritta sull’opera Clessidra, un collage del 1979. L’eclettico artista sottolineava la relazione tra il passare del tempo e la forma geometrica del cerchio con la frase: “Viceversa, parola tra un cerchio e la clessidra”. Quindi tutto torna e, facendo propria la frase criptica di Boetti, la mostra mette in risalto quanto, ancora oggi, nonostante il passare del tempo, molti giovani artisti abbiano assimilato ed elaborato, sviluppandole, le ricerche di artisti italiani della seconda metà del ‘900.

fino al 4 ottobre

Mayfair, Dering street 22, Londra

info: www.artnesia.com