La notte della Cabbalà

«Se dio non ci avesse dato la scrittura, avrei imparato i suoi insegnamenti ascoltando la musica». Queste le parole che pronunciò – come ci racconta il rabbino Colombo – il più grande kabbalista del XVIII secolo, il maestro Elia da Vilna. Una notte incantata attende chi l’8 settembre si trova a percorrere il fazzoletto di strade tra lungotevere dei Cenci, via del portico d’Ottavia, via Arenula e il teatro di Marcello. Quartiere nel quartiere, è il ghetto di Roma. Dimora obbligata per gli ebrei nel 1555 per ordine di papa Paolo IV e teatro, il 16 ottobre del 1943, della cattura di più di 1000 ebrei a opera dei tedeschi. Oggi il ghetto continua a essere il centro della vita della comunità ebraica della Capitale. In occasione della V edizione del festival internazionale di letteratura e cultura ebraica, quest’aria piena di fascino e storia ospita la notte della Cabbalà. Musica, pittura, libri e possibilità di visitare la Sinagoga animano le strade dalle 21.00 alle 3.00. «Kabbalàh significa – spiega il rabbino Colombo – accettazione. Quando Mosè ricevette la scrittura sul monte Sinai, dio stesso gli rivelò il segreto dell’esistenza e il messaggio più profondo racchiuso nel testo e nella parola. È definita anche sod, segreto, in quanto questi messaggi, rivelati al profeta solo oralmente, dovevano essere mantenuti segreti e dati in consegna solo ai grandi saggi del popolo».

La serata si apre alle 21.00 con l’intervista a Marek Halter del giornalista e scrittore Pierluigi Battista nel palazzo della cultura per proseguire con l’incontro tra il capo rabbino della comunità Ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, e l’esperto di Kabbalàh Moshe Idel. A mezzanotte si svolge l’incontro tra il rabbino Roberto Colombo e Yarona Pinhas, tra le più importanti studiose di mistica ebraica. La notte della Cabbalà è arte e musica perché esse hanno le stesse prerogative: «aiutare l’uomo a vivere in un mondo fatto di emozioni e di sogni, a risvegliare i propri sentimenti e i ricordi più nascosti e spingere al ripensamento e a un progetto di vita», continua il rabbino Colombo. Tra i protagonisti della serata c’è il polistrumentista Gabriele Coen con il concerto Jewish experience (ore 00.30). Profondo conoscitore e protagonista della tradizione klezmer, Coen così spiega il rapporto tra la musica klezmer e la cultura yiddish: «Vi è tra loro un rapporto molto stretto in quanto il klezmer rappresenta l’espressione sonora strumentale di quella cultura. La parola deriva dai termini ebraici kley e zemer (strumento per il canto) e individua la musica popolare prevalentemente strumentale degli ebrei dell’Europa orientale, conservata ed elaborata a partire dal XVII secolo, a dispetto delle difficili condizioni materiali e spirituali sofferte da questo popolo per regolamenti e divieti di imperatori, papi e zar. Il klezmer, musica profana, è il prodotto di una società fortemente religiosa e trae la propria ispirazione dai rumori della strada come dal canto della sinagoga. La musica – continua l’autore – nell’essere un linguaggio così astratto si avvicina molto al misticismo e alla spiritualità» e in questo sta il suo stretto rapporto con la Kabbalàh.

Tra gli altri eventi che attendono quanti sapranno cogliere quest’occasione: lo spettacolo itinerante Jewish flash mob del coreografo Mario Piazza e il concerto chitarra e voce del musicista israeliano David Broza. La notte della Cabbalà è un momento per sognare, d’altronde nel suo ultimo libro Sognare e sapere il rabbino Colombo ritrova nel sogno il momento per comprendere realmente il proprio futuro e cambiarlo. “È alla notte, o meglio, verso la fine della notte, quando l’uomo ha ormai sfogato con i suoi primi sogni la propria rabbia, il dolore, le gioie, le paure e le proprie aspirazioni più nascoste che l’essere libera il proprio animo […]. Il Sogno è il modo in cui dio si relaziona con il vivente e manda dei segni per aiutarci a comprendere la nostra esistenza.”

fino al 12 settembre

Ghetto ebraico, Roma

info: www.festivaletteraturaebraica.it

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