Festival di Venezia

La tensione e le polemiche che avevano seguito le riprese dell’ultima pellicola di Marco Bellocchio, Bella addormentata, si sono oggi canalizzate negli applausi che hanno seguito la proiezione stampa al Lido del film ispirato alla storia di di Eluana Englaro e alla sua morte avvenuta nel febbraio del 2009. Il regista incrocia la vicenda del senatore Uliano Beffardi, interpretato da Toni Servillo, in conflitto con la propria coscienza e con il partito di appartenenza, Forza Italia, intento a votare un decreto d’emergenza che impedirebbe al padre di Eluana di staccare le macchine che da 17 anni tengono artificialmente in vita la figlia. Ricco cast (oltre Toni Servillo figurano Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Maya Sansa e Roberto Herlitzka) per il film, secondo lungometraggio italiano al festival, che da domani esce nelle sale italiane e promette di accendere nuovamente il dibattito sull’eutanasia anche se Bellocchio ha dichiarato dopo la proiezione: «Non ho voluto imporre tesi, semmai alimentare domande». Applausi anche per l’attesa pellicola del regista coreano Kim-Ki-duc, un habitué del festival veneziano e tra i favoriti per il Leone d’oro, Leone d’argento nel 2004 con Ferro 3, che quest’anno muove una feroce critica al capitalismo con il film Pietà. L’opera, molto violenta come il regista coreano ha abituato i suoi estimatori, è ambientata a Cheonggyecheon, un quartiere di Seul dove negli anni ‘50 sono emigrati molti coreani costretti a vivere in condizioni degradanti. Tanto che la zona è stata oggetto di un progetto controverso di rinnovamento con infrastrutture e grattacieli. Tra scempi architettonici e degrado ha lavorato come operaio anche Kim Ki-duk da giovane che ora in veste di regista racconta la storia di un esattore per una banda di usurai.

Dopo i fischi che hanno raccolto due grandi nomi del cinema statunitense, The master di Paul Thomas Anderson e To the wonder di Terrence Malick, rei di aver intrapreso strade narrative ed estetiche troppo tortuose e ardite, corpose risate per il primo film italiano in concorso al Lido: È stato il figlio per la regia di Daniele Ciprì. «Non volevo fare questo film perché avevo paura», ammette il regista alla sua prima prova in solitaria lontano da Franco Maresco. Umorismo pieno di cinismo è quello che caratterizza la pellicola, ambientata in Sicilia negli anni ’70, che vede come protagonista un popolare Toni Servillo, ormai onnipresente su qualsiasi set italico. Nei giorni scorsi la strana coppia Spike Lee Michael Jackson, cui il regista ha reso omaggio con il documentario Bad 25, ha raccolto consensi per la commovente capacità di raccontare un eroe controverso della cultura pop e Gli equilibristi, film diretto da Ivano De Matteo in concorso nella sezione Orizzonti, racconta la crisi di una coppia con due figli in seguito alla scappatella di lui. «È un film sull’equilibrismo del portafoglio, un film sulla crisi che colpisce soprattutto il ceto medio», ha spiegato il regista De Matteo. Altra pellicola in concorso attesa da molti è Après Mai di Olivier Assayas, intenso protagonista del cinema francese e non solo che si cimenta con il 1971, anno in cui cade il centenario della Comune di Parigi e in cui la polizia francese vara una nuova, inquietante, figura inedita: due poliziotti in moto, quello dietro col manganello, che bastonano i manifestanti senza porsi troppe domande. Non sarebbe festival senza polemiche dichiarazioni dei registi; è la volta (tanto per cambiare) di Ken Loach che si conferma un “pasionario” attaccando il capitalismo, Clint Eastwood, Obama e Israele nel momento del ritiro del premio Robert Bresson, sostenuto dal Vaticano e consegnatogli dalle mani del patriarca di Venezia Francesco Moraglia.

 

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