Piano, dal Pompidou allo Shard

Viene inaugurato oggi 5 luglio il nuovo grattacielo londinese, lo Shard, una “scheggia”, questo il significato del nome, conficcata nel cielo della capitale britannica. E l’inaugurazione –  cui tra le autorità ci sarà il primo ministro e ministro degli Esteri del Qatar e lo sceicco Hamad Bin Jassim Bin Jabor Al Thani, proprietario dell’avveniristica torre – diviene un evento in pompa magna che coinvolge l’intera città con proiezioni su tutti i suoi maggiori monumenti e  col tripudio finale di fasci luminosi dalla vetta dell’altissimo Shard. Una struttura piramidale completamente in vetro che con i suoi 310 metri scalza il Capital city Moscow, di solo 8 metri più basso, conquistando il primato di grattacielo più alto d’Europa e ponendosi alla quarantacinquesima posizione nella classifica mondiale (al primo posto è il Burj Khalifa in una Dubai ossessionata dalla volontà di stupire con spettacolarità e dimensioni colossali).

Artefice della scheggia è Renzo Piano. Oggi il Time lo inserisce nella sua lista dei primi 10 architetti al mondo per influenza. Sono 40 anni di successi e anche di critiche, immancabili quando si giunge alle vette dell’eccellenza. Venne alla ribalta, insieme all’inglese Richard Rogers, per aver vinto, allora trentaquatrenne, il concorso per il nuovo museo parigino di arte contemporanea che avrebbe scardinato la concezione del museo stesso (sino ad allora era il modello “Moma” a dettare legge) e dell’architettura (con la struttura ben in mostra ed in parte flessibile). Da allora Piano è chiamato da tutto il mondo: nella sua terra natale, Genova, realizza tra i vari progetti l’Acquario e il Bigo con il suo ascensore panoramico; la città di Berlino, in seguito alla riunificazione, gli affida la ristrutturazione di Postdamer Platz; il 2002 è l’anno in cui porta a compimento, dopo averne vinto il concorso, l’Auditorium parco della musica di Roma; lascia il segno anche a Chicago dapprima nel 2008 con Academy of Sciences di Chicago, interamente realizzato con materiali ecosostenibili, poi, nel 2009 con l’ampliamento dell’Art institute. Questi alcuni delle opere cui il suo nome è legato.

Sulla sua ultima architettura piovono anche giudizi negativi: le dimensioni la renderebbero fuori scala all’interno del tessuto urbano e rovinerebbero la vista della vicina st. Paul. Duro il Guardian che considera il grattacielo metafora di una città «sempre meno egualitaria e pericolosamente dipendente da investitori alla ricerca di un rapido profitto». Che piaccia o meno la scheggia è destinata a divenire, con i suoi 95 piani, l’immancabile panoramica di 360 gradi, gli hotel e bar di lusso che accoglierà al suo interno, icona della città e meta del turismo a cominciare dalle Olimpiadi che invaderanno Londra a fine luglio.

 

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