Un neon è per sempre

Il tubo colorato luminoso è il protagonista della mostra Neon, la materia luminosa dell’arte, visibile dal 21 giugno fino al 4 novembre, al Macro di Roma. L’idea di partenza della mostra è di David Rosenberg che, dopo aver realizzato la collettiva per la Maison rouge di Parigi (dove è terminata lo scorso maggio), insieme al direttore del Macro, Bartolomeo Pietromarchi, l’hanno ripensata appositamente per gli spazi del museo capitolino. Allestita nella sala Enel, partner del museo da diversi anni, è l’occasione per festeggiare il cinquantesimo anniversario dell’azienda, tramite una mostra che unisce arte e tecnologia. Cento anni fa si installava la prima insegna pubblicitaria in un piccolo negozio di barbiere in boulevard Montmatre a Parigi e da quel momento la lampada al neon diviene largamente utilizzata soprattutto per le insegne luminose, ma non solo. Le settanta opere in mostra, distribuite tra la sala Enel e sparse negli spazi esterni a questa (il viale d’ingresso al museo, il foyer, lo spazio Area, le passerelle al primo livello) sono rappresentative di oltre cinquanta artisti che, nel panorama nazionale e internazionale, hanno lavorato con il neon dagli anni quaranta ai giorni nostri, testimoniando le diverse prospettive dalle quali anche gli artisti si sono confrontati con questo medium.

La mostra include una selezione di opere di grandi maestri del calibro di Joseph Kosuth, Maurizio Nannucci, Mario Merz, Francois Morellet e Bruce Nauman, per arrivare a Maurizio Cattelan, Tracey Emin, Alfredo Jaar e Jason Rhoades. La consistente presenza di nomi italiani sta a dimostrare come, nel nostro pese, la tradizione del neon tra i materiali artistici è radicata. Risale al 1951 , infatti, l’opera di Lucio Fontana creata con il tubo fluorescente per lo scalone della triennale di Milano. In mostra non poteva mancare un lavoro di Mario Merz, che incominciò a fare delle composizioni utilizzando l’energia della luce al neon nel 1966, sostituendo alla pittura una forma di energia pura. Se il tubo fluorescente è prima di tutto un elemento geometrico di produzione industriale sono queste le qualità che hanno attratto Dan Flavin o Massimo Uberti, che lo usa per delimitare uno spazio a forma di casetta per Abitare. Materiale versatile per la sua capacità di divenire segno, forma e lettere, grazie ad una lavorazione di tipo artigianale, diviene frequente la scelta del neon per esaltare ed evidenziare la parola/messaggio. Infatti alcune frasi brillano all’interno dello spazio. Frasi simboliche, ironiche, commemorative, di denuncia socio-politica, come per esempio Ucciso innocente del collettivo Claire Fontaine. Anche l’ampia gamma dei colori è un altro elemento di richiamo del neon, come dimostrano l’attraente installazione di Jason Rhoades e il pozzo variopinto di Paolo Scirpa. Il neon si nasconde dietro allo schema luminoso di Grazia Varisco o rimane solo il tubo, per comporre la frase ironica Anche oggi niente, nel lavoro di Massimo Bartolini. Si distingue dagli altri Creazy Wall. The Read Line, l’opera di Pascale Marthine Tayou che inserisce una linea frastagliata luminosa rossa all’interno di un disegno parietale fortemente gestuale. Un lavoro al neon ha la peculiarità di non avere bisogno di essere illuminato, ma, essendo generatore di luce non esaurisce il suo messaggio al buio, anzi la sua potenza linguistica aumenta.

Abbiamo chiesto, a un paio di giovani artisti, quali sono le qualità simboliche ed estetiche che hanno determinato la scelta di questo medium per la creazione dell’opera. Valerio Rocco Orlando: «Il neon è il mezzo in grado di raccontare e restituire allo spettatore un’esperienza legata alla trasformazione, proprio come le immagini in movimento. La scelta è stata quasi inevitabile, nel momento in cui ho sentito l’esigenza di utilizzare la parola, come in un diario condiviso, attraverso la grafia di un interlocutore che appartiene alla comunità protagonista della mia ricerca. Personale è politico, esposta al Macro, è nata in relazione a un’analisi del sistema educativo nazionale riproponendo lo slogan usato dalle donne negli anni Settanta». vedovamazzei: «In realtà si sceglie il neon perché è inscritto nella pratica di un artista così come lo conosciamo oggi. La sua contemporaneità è la sua scelta. Il paradosso del neon è che lo si soffia, antica pratica, per poi iniettargli la luce, attraverso il gas, la quale inscena la forma e allieta gli occhi. Al Macro abbiamo prestato un neon/numero di cellulare di una persona la quale ha precedentemente firmato/autografato il numero su di un foglio di carta per poi essere realizzato sotto forma di neon. La scrittura non imita l’idea ma la delimita».

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