L’io e la società di Nadav Bin-nun

Nadav Bin-nun è un artista israeliano, classe ’83, che vive e lavora a Tel Aviv. Giovanissimo ha finito da poco tempo il corso di studi della Midrascha school of art situata vicino Tel Aviv, città molto generosa per chi si esprime attraverso il video: Qui, infatti, è nata la prima biennale di videoarte: Videozone, curata da Sergio Edelstein. Nadav Bin–nun è sempre protagonista dei suoi lavori, spesso attraverso il travestimento e lo sdoppiamento della personalità: frequente la riflessione sul rapporto con la madre. La sua ricerca si basa sulla problematica identitaria e sull’incomunicabilità che si incontra andando a misurarsi con la società. Il video che qui presentiamo Poetry that is intented to kill nasce all’interno dello spazio domestico: è ambientato nella camera dell’artista e, a rendere tutto più intimo, è il fatto che per la maggior parte del tempo il girato si svolge sotto le coperte e la telecamera è utilizzata a mano. A confrontarsi sono l’ironia, da un lato, e la tragicità, dall’altro. La parte iniziale dell’opera è indicativa di un pensiero che si rapporta con il significato delle parole: Bin–nun esegue suoni gutturali che vengono poi trasformati in frasi leggibili attraverso i sottotitoli. La relazione è fra semantica e semiotica, fra significante e significato, fra parola e non parola. Dopo ciò, nel video, si susseguono alcune azioni senza senso nel collegamento fra l’una e l’altra, come farsi la barba o scrivere parole in libertà sulla sua propria fronte. La sensazione è quella di disagio che si rivela anche quando l’artista fa una panoramica della sua cameretta in cui è acceso un televisore che manda immagini sconclusionate; anche quando entra la madre in stanza – di lei sono inquadrate solo le gambe – e lo invita a cena sentendosi rispondere con un rifiuto. Il finale svela le condizioni di incomunicabilità e disagio quando la telecamera ritorna su di lui che ha sulle labbra il rossetto rosso e uno sguardo allucinato, quasi avesse avuto paura di essere scoperto: si rimanda a un ripiegarsi nella propria interiorità. Il video è stato presentato nella mostra Time and a half a cura di Giorgia Calò al Museo laboratorio di arte contemporanea dell’università di Roma La Sapienza.

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