Dalla “a” di Nobuyoshi Araki alla “w” di Andy Warhol, c’è un elenco corposo di artisti del panorama internazionale, Mattew Barney, Matteo Basilé, Bernd e Hilla Becher, Maurizio Galimberti, Andreas Gursky, David LaChapelle, Loretta Lux, Helmut Newton, Luigi Ontani, Steven Parrino, Paola Pivi, Cindy Sherman, Sandy Skoglund, Grazia Toderi, Giovanna Torresin, Paolo Vegas, solo per citarne una parte, protagonisti della collettiva A meno di non ricorrere a una fotografia. Curata da Flaminio Gualdoni negli spazi del Lattuada studio, a Milano.
La mostra veicola un messaggio preciso: approcciare l’arte fotografica come strumento d’indagine e riflessione, ma anche come punto di partenza per una commistione dei nuovi linguaggi tecnologici. Scevra dall’intenzione «d’essere esauriente né classificatoria» – in questo senso l’esposizione prende il via dalla celebre citazione di Ugo Mulas, ritenuto uno dei fotografi italiani più significativi del secondo dopoguerra – la collettiva indaga il vasto campo delle pratiche fotografiche, setacciate partendo dall’orizzonte “pop” fino a quello post avanguardistico. Una serie di sguardi, spesso ambigui e visionari, che sfidano ed esaltano la definizione della realtà, approdando ad esiti assai differenti; per dare voce alle mutabilità e contraddittorietà di immagini tutt’altro che oggettive.
Fino al 17 giugno
Lttuada studio, via dell’Annunciata 3, Milano
Info: www.lattuadastudio.it