Botero: «L'arte contemporanea non è niente»

«Come uomo mi sento completamente colombiano, anche se da 60 anni vivo più all’estero che in patria. Come artista non posso che avere una formazione legata alla tradizione europea, in particolare alla grande pittura italiana del 400, da Paolo Uccello a Piero della Francesca a Masaccio, diciamo che mi sento un colombiano italiano». Si racconta così Fernando Botero, pittore e scultore colombiano che in questi giorni è a Città del Messico, mentre si prepara a festeggiare ed a lasciarsi festeggiare, in occasione dei suoi 80 anni, che ricorreranno il 19 aprile prossimo. Il suo amore per la Colombia, Botero lo dimostra nei soggetti delle sue opere, una costante riproposizione delle immagini incamerate nei primi 20 anni di vita, seguendo una logica che lui stesso riassunse anni fa nella frase "per essere universali bisogna essere parrocchiali". «Pensiamo agli impressionisti – spiega – pittori legati a un piccolo quartiere di Parigi, cresciuti in paesini della provincia, che ritraevano quanto conoscevano davvero bene ma con un’arte, una tecnica che li ha resi universali. Nei miei quadri non troverete mai un soggetto francese o statunitense, eppure ho esposto ovunque nel mondo e, senza falsa modestia, con grande successo, evidentemente sono riuscito a toccare i cuori pur avendo dei soggetti "parrocchiali". Cerco una pittura impassibile, come Piero. Non mi piacciono i gesti eclatanti ma l’impassibilità delle figure, un’apparente indifferenza che però non è assenza. Quello che si fa oggi non mi interessa. L’arte moderna, ad esempio di Picasso, Matisse, per me è importante ma quella contemporanea è altra cosa, anzi non è niente». 

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