L’isola tascabile

Il crocevia tra reale e fantastico si trova spesso all’interno delle opere d’arte; mischiare il concetto di immaginazione con il realismo di una opera fatta e tangibile. Nel 1930 ca. Alberto Savino dovette aver pensato a un’idea di questo genere quando dipinse L’Isola Portatile, un paesaggio misterioso sognante intriso di un senso di inquietudine. Allo stesso modo nello spazio di ADA, la curatrice Caterina Molteni ha voluto tramutare quella combinazione nella struttura concettuale di una mostra che da voce a 9 artisti italiani: Benni Bosetto, Guendalina Cerruti, Lisa Dalfino e Sacha Kanah, Diego Gualandris, Viola Leddi, Riccardo Sala, Namsal Siedlecki e Alice Visentin. Questo gruppo variegato interpreta il concetto di “immaginazione” che tange il dato reale, materiale, surreale, ironico della realtà e quotidianità di ciascuno di loro con l’intento di raccontare un numero a parte di storie che si legano alla totemica “isola” senza tuttavia mischiarcisi. Sebbene nella concentrazione dello stare insieme in mostra le opere possano apparire placide, sommesse persino dal tono semplicistico, le opere accompagnano lo sguardo dello spettatore per rassicurarlo del fatto che non si tratti solo di una interpretazione personale della capacità dei loro artisti, quanto di una versione attuale della realtà. È lì che l’isola diviene reale e si separa dalla sua dimensione utopistica e pone accenti anche importanti e anche sgradevoli talvolta.

Apre la mostra – nel senso effettivo della posizione in entrata – un rotolo di Benni Bosetto Voladores (già protagonista della precedente mostra nella galleria link) che nella sua vorticosità di personaggi angelici accompagna lo spettatore all’interno dell’isola in relazione a un fatto reale, ovvero quello di aver in precedenza lavorato con la curatrice in un delle sue prime esposizioni, “aprendole” metaforicamente la strada. Segue l’opera di Lisa Dalfino e Sacha Kanah Sgrrr A* che funge da centro nevralgico e spaziale della mostra, in tutta la sua efficacia materica. Un invisibile bacile d’acqua cristallizzata con elementi in piombo che nella sua capacità tensiva affascina lo sguardo con un numero imperscrutabile di significati, ben conciliabili con l’idea di una isola, nella scelta anche della posizione, centrale e isolata. L’opera Frozen here di Guendalina Cerruti racconta la distanza tra il mondo della quotidianità e l ‘intimità della sfera personale e l ‘importanza del ricordo; quella che può sembrare la dimensione più casalinga della isola è una liberazione dal target odierno (come per esempio la scelta di incorniciare solo foto che ironizzano la pratica del selfie da cui l‘artista si separa) dato da elementi iconografici anche di una certa simpatia, come le forbici rotte tenute sulla specchiera.

Nel complesso l‘esposizione si dimostra fantasiosa e vivace, sempre con una buona ricerca della narrazione attraverso il posizionamento delle opere; non tutte però convincono fino in fondo, tuttavia, da momento che l‘intento del curatore era di aprire un varco dello stato d’animo ne momento in cui entra in contatto con la dimensione del fantastico, del narrativo e del fiabesco, è ovvio che ciò che ne scaturisce è un ritratto personale e intimo, mischiato inevitabilmente con quello che è il quotidiano, il vissuto e il ricordo e che si porta sempre con sé. Più che un’isola portatile definirei un’isola “tascabile”.

Fino al 28 luglio, info: www.adaproject.it

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