Aldo Runfola, Dieci

Dire che l’opera di un artista è un libro aperto, vale doppio con il lavoro di Aldo Runfola. In occasione della nuova mostra, dal 13 al 23 giugno, negli spazi di Fondamenta, intitolata Dieci, l’artista si cimenta con un medium da lui meno utilizzato, il video. Trattandosi di un personalità per la quale la comunicazione con il pubblico è fondamentale, i video, realizzati tra il 2003 e 2014, rappresentano una nuova frontiera di comunicazione narrativa in cui il valore del linguaggio (che ritiene insostituibile) prende corpo affianco a elementi di alto valore culturale e simbolico. Si tratta di una simbologia condivisa da tutti e da tutti riconoscibile. L’obiettivo fondamentale è travalicare la disattenzione e la superficialità con cui l’individuo affronta l’esistenza, ignorando i dettami dell’essere e esserci, in funzione di uno solo di essi e quasi sempre il secondo.

«Sono – dice il curatore della mostra Valerio Dehò – installazioni video, dieci per la precisione. E da lì il titolo. Le opere di questo tipo non sono frequenti nella produzione di Runfola ma ci si è dedicato con particolare attenzione. Il suo lavoro è abituato all’uso di vari linguaggi e di molti medium proprio per evitare una eventuale chiusura. Parliamo – continua Dehò –  di grandi video installazioni per le quali il pubblico dovrà fare attenzione. Quando in una mostra collettiva ci sono uno o più video, si corre il rischio che essi siano sacrificati in nome di opere che non richiedano una attenzione continuata. Ma trattandosi dello stesso artista, la compresenza di più video farà sì che il pubblico debba compiere un percorso e che man mano sia la complessità sia dell’artista in generale che della mostra in particolare venga fuori. È una questione anche di coerenza».

All’interno della mostra sembra esserci una fondamentale importanza per la parola, in quanto essa rappresenta il mezzo per rappresentare l’esistere che mantiene uno stretto rapporto con l’essere. In pratica l’essere e l’esserci.
«Runfola ha sempre tenuto in considerazione la potenza espressiva e simbolica del linguaggio. È consapevole che quando lo usa (o anche non lo usa) diventa in ogni caso significativo. La parola è il simbolo grafico per eccellenza che caratterizza la nostra cultura occidentale ed è proprio grazie a esso che a distanza di secoli, proprio per la sua presenza fisica su un supporto ciò che era (essere) può ancora esistere (esserci). È un problema di cui si occupa ogni artista visivo, fare in modo che la sua opera resti nel tempo. Per questo ogni suo progetto, per quanto elaborato, di base è piuttosto semplice e si basa sulla relazione che si crea tra immagine e parola».

Runfola ha definito i suoi lavori politici. Non nel senso quotidiano (e avversativo) del termine, ma nel senso che l’arte, affrontando ogni tipo di tema, diventa sovra-individuale e appartiene alla collettività. Come dire che dal particolare si passa al generale. Lei è d’accordo con questa definizione e pensa che si possa riscontrare all’interno di Dieci?
«Assolutamente sì. Runfola è un artista politico perché si occupa della póleis, della comunità e ritiene che con il suo lavoro di doversi mettere al servizio di esso. Essere comunità significa saper stare insieme e da qui di nuovo il discorso del linguaggio anche come efficace collante di questa comunità. I video esposti fungono un po’ come dei teoremi che aiutano a spiegare, ma spetta a chi li guarda coglierne il significato, come se si stesse assistendo non solo a un’opera d’arte ma a qualcosa che funziona attraverso rapporti matematici. Sono lavori molto ben congeniati».

Un altro argomento di cui ha parlato l’artista, o per meglio dire un paradosso, è l’equilibrio perfetto che crea tra l’amore per l’immagine e l’insofferenza per essa. Anche in questo caso può spiegare di che si tratta?
«Paradosso è la parola giusta. Ma quante volte l’arte si compone di componenti in contrapposizione netta fra esse. Credo che insofferenza per l’immagine sia riferita al tipo di immagine che in generale vige oggi, non solo artistica ma anche pubblicitaria, mediatica, computerizzata. Runfola non mira mai alla spettacolarizzazione, non vuole catturare il pubblico con la teatralità o la provocazione. È sempre alla ricerca di equilibri concreti e mira al convincimento intellettuale del pubblico. I suoi video puntano a un ritorno alle origini, quando la video arte era culturale, simbolica, anche più silenziosa se vogliamo. Non è una produzione da film».

Dal 13 al 23 giugno; Fondamenta, via Arnaldo Fraccaroli 7, Roma; info: https://insideart.eu/fondamenta