Il voyeur è nudo

Nascosti dietro uno schermo, non si corrono rischi. Ma cosa accadrebbe se le modelle e i loro followers diventassero protagonisti della stessa scena? Il fotografo Marco Onofri ha voluto svelare la barriera invisibile tra voyeur e oggetto del desiderio, raccontando con l’obiettivo le emozioni di chi si limita a interagire con un click.

Il tuo ultimo lavoro è Followers, com’è nata l’idea?
«Scattai lo scorso anno una foto alla mia ragazza, nuda, di fronte una vetrata di un hotel a Mumbai. L’inquadratura non mostrava praticamente nulla, si intravedeva un corpo nudo, bellissimo ed elegante. Decisi di pubblicarla su Tumblr perché la ritenevo uno scatto davvero elegante, delicato. Dopo poche ore venne condiviso in altre pagine Tumblr dove le altre foto non erano proprio così “artistiche” ed eleganti. Iniziai a pensare che le modelle, sia per vanità che per arte, o per bisogno di attenzione, comunque si mettono in gioco e regalano alla rete la loro intimità, sperando di essere apprezzate come donne o che la gente apprezzi lo scatto. Il follower rimane sempre nascosto dallo schermo del telefono/computer, non rischia nulla, il massimo del coinvolgimento è un “mi piace” o un commento. Ho pensato così di mettere tutti nella stessa stanza, in diretta, tutti nello stesso scatto, insieme, in discussione, in omaggio alla rete. Tolta la barriera del social network, mettendo tutti nello stesso ambiente in cui la modella posava nuda per un ipotetico fotografo, le comparse dovevano essere sole come quando erano dietro il proprio schermo, nessuno poteva interagire con la ragazza che posava. Volevo far percepire la barriera invisibile».

In Followers i veri protagonisti sono proprio coloro che si nascondono solitamente dietro uno schermo, sono esposti, messi a nudo. Quale ruolo assume il fotografo, al momento di fotografare la modella e i voyeur? 
«Io sistemavo tutta la scena, aggiustando la composizione, le luci, la posa della modella. Appena tutto era pronto scendeva il silenzio, lasciavo concentrare i followers/comparse sulla modella, che si muoveva lentamente tenendo sempre la posa decisa insieme. Dopo qualche minuto le comparse si “dimenticavano” della macchina fotografica e lo sguardo era più naturale, sincero, sul corpo nudo della ragazza al centro della scena. Io, come fotografo seguivo attentamente gli sguardi, le facce imbarazzate o meno delle persone presenti, con un occhio sulla posa della ragazza e massima attenzione a tutta la scena. In qualche modo ero già spettatore dello scatto che stavo realizzando, come difronte ad un quadro».

Si tratta di un progetto molto diverso dai tuoi precedenti: ti poni in una posizione differente, osservatore di un gioco di ruoli, anche il tuo ruolo è necessariamente cambiato.
«Questo è un progetto molto diverso dai miei soliti lavori, più concettuale, sociale direi. Molti miei lavori sono più estetici, a questo lavoro ho dedicato un anno. É un lavoro dove l’idea supera la bellezza dell’immagine, anche se curatissima. Avevo voglia di raccontare qualcosa che accade realmente, senza stupire con la bellezza di una fotografia ma per colpire con una buona idea, attuale. Penso che la fotografia sia un potente mezzo di espressione e stavolta volevo che la mia fotografia parlasse, per raccontare qualcosa».

I protagonisti sono stati reclutati online. Come mai hai chiesto ai partecipanti di recarsi allo shooting vestiti allo stesso modo in cui erano vestiti al momento di leggere la call del progetto sui social, e ad ogni modella di assumere la stessa poso dell’ultima foto condivisa su Facebook prima di partecipare?
«L’organizzazione è stata davvero difficile e lunga, un anno di lavoro. Per tutto il 2015 ho dovuto sospendere ogni mio progetto personale per dedicarmi a Followers. Tutte le ragazze che hanno posato per me sono persone che seguo sui social, alcune non modelle, tutte disposte a posare per il progetto. A loro ho chiesto di simulare una delle loro pose pubblicate sui social, che rispecchiasse il loro stile. Tutte le comparse -ben 120 persone- sono state trovate su FB tramite dei casting che ogni tanto pubblicavo, senza spiegare il progetto. In privato, quando la gente si candidava, raccontavo solo che ci sarebbe stata una ragazza nuda e che loro dovevano solo guardare. In quel momento chiedevo cosa stavano facendo, com’erano vestiti, e li invitavo a presentarsi così il giorno del servizio. Con quasi tutte le comparse mi sono comportato in questo modo. Ho dovuto parlare con più di 200 persone per ottenerne 120 disponibili, molti timidi non si sono presentati, è molto più facile stare dietro ad uno schermo. Le modelle imitavano una posa già pubblicata o che rispecchiasse il loro modo di posare, volevo che fosse il più sincero possibile. Moltissime comparse si sono presentate così come erano vestite nel momento in cui mi hanno contattato, in quel momento loro erano mie followers, potevo aver pubblicato un nudo e loro aver visualizzato il mio post. Il mio post era rivolto al casting e loro mi hanno detto sì, e così le ho confermate».

A cosa stai lavorando adesso?
«Ho in mente alcuni progetti, alcuni più “estetici” altri più tosti, mi manca il tempo quindi sicuramente sarò pronto nel 2017. Intanto sto dedicando tempo alla mostra di Followers, che varie gallerie stanno richiedendo: una serie di pannelli 60×90 cm a tiratura limitata di 5 pezzi + 2, stampata in Fine Art. Le idee per i miei progetti sono molte, le segno e pian pianino le realizzerò tutte».

Info: portfolio.marconofri.com

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